Giovani. «Siamo tornati in missione per abbracciare il mondo»
La missione 2022, con il Pime in Thailandia
Centinaia di ragazzi italiani hanno già spolverato il passaporto, impazienti di marchiare a inchiostro un passaggio di frontiera rimandato da ben due anni. Dopo lo stop imposto dalla pandemia e tante proposte di impegno «a chilometro zero», per i giovani l’estate 2022 torna a essere affollata di campi missionari internazionali. Rwanda, Madagascar, Kenya, India, Thailandia e Brasile sono solo alcune delle destinazioni, di nuovo esotiche, che volontari under 35 provenienti da ogni diocesi della Penisola raggiungeranno nei mesi di luglio, agosto e settembre.
«L’estate missionaria - conferma Giovanni Rocca, segretario nazionale di Missio Giovani, tastando il polso della situazione - è ripartita soprattutto dall’entusiasmo dei ragazzi. Le diocesi e le realtà ecclesiali finora avevano giustamente premuto il freno sui viaggi intercontinentali per salvaguardare le comunità che accolgono i volontari e che nella maggioranza dei casi non sono coperte dal vaccino. La voglia dei giovani di fare la valigia però era talmente dirompente che ha convinto le istituzioni a rilanciare proposte di campi internazionali, pur con prudenza».
«Non sappiamo contare quanti ci hanno scritto per partire - raccontano padre Alessandro Canali e Gabriele Monaco del Pontificio Istituto Missioni Estere, che ha alle spalle una lunga storia di viaggi da Milano e dintorni - e noi a malincuore dovevamo arginare il loro entusiasmo a causa delle restrizioni… Ora, a poco a poco, i nostri cammini di formazione in vista di campi di impegno nel mondo sono ripresi e quest’anno, per esempio, partiranno 27 studenti dell’Università Cattolica per Giordania, Israele, Palestina, Marocco e per i campi profughi del Libano; una ventina di ragazzi tra i 20 e i 30 anni invece andranno in Albania per un servizio a bambini con disabilità e altri 30, bloccati nel 2020, si impegneranno in Uganda, India, Guinea Bissau, Colombia e Brasile. Il nostro bilancio? Nei giovani non è svanito il desiderio di aprirsi agli altri e anzi molti di più hanno chiesto di fare un percorso alla scoperta del mondo: forse il fatto che un virus venuto da lontano ci abbia coinvolto così tanto ha fatto capire che il mondo è interconnesso e va conosciuto».
A Bergamo questi sentimenti sono stati intercettati dal Centro missionario diocesano che già da gennaio ha riattivato il corso di formazione "Finimondo" per volontari in partenza, al termine del quale ha consegnato il mandato e il biglietto aereo a 40 giovani che si recheranno in missioni diocesane o con presenza di religiosi e religiose bergamaschi.
«La partecipazione - spiega il direttore del Centro missionario locale, don Massimo Rizzi - è molto eterogenea ma quest’anno si registra un numero consistente di coppie di fidanzati che hanno deciso di partire insieme. Quasi tutti sono alla loro prima missione; più della metà dei giovani si era formata per il viaggio nel 2020 e, pur essendo passati due anni, quel desiderio non è svanito, un dato direi significativo».
Dal Centro missionario diocesano di Reggio Emilia il direttore don Pietro Adani conferma: «I numeri sono quelli del pre-pandemia. Dalla nostra diocesi partiranno 90 giovani verso Madagascar, Amazzonia, Rwanda, Sierra Leone, Turchia, Romania e Albania, visitando missioni in cui sono presenti fidei donum o religiosi delle congregazioni con cui collaboriamo».
Tutto come prima dunque? Non esattamente. Anche l’impegno missionario si è modificato durante le ultime estati e ha assunto tratti nuovi. Anzitutto il Covid e la guerra in Ucraina hanno allargato lo sguardo anche sull’Europa dell’Est che oggi più che mai è divenuta terra di missione, con un occhio però anche alle povertà di casa nostra. «Al rientro dai campi internazionali - dice per esempio don Rizzi - proporremo iniziative di servizio a livello locale». Lo stesso succederà a Reggio Emilia. «Da noi - rileva poi don Adani - il volto della missione non è mai stato così femminile: sono praticamente tutte ragazze a mettersi lo zaino in spalla, con intraprendenza e coraggio ».
Dappertutto è cresciuto il numero dei giovanissimi in partenza, ragazzi tra i 18 e i 20 anni che hanno vissuto le scuole superiori in didattica a distanza. «Per loro - chiosa Rocca - non è facile rimettersi in una condizione di apertura all’altro eppure in tanti hanno scelto di farlo e la missione li ricompenserà con sorprese ed emozioni».