Il dibattito. Anche nell'era digitale la buona informazione è quella che "sa ascoltare"
Da sinistra: Fabio Bolzetta, presidente di WeCa, Andrea Monda, direttore de L’Osservatore Romano, il vescovo di Rieti, Domenico Pompili e Agnese Pini, direttrice de La Nazione (foto Raffaela Conti)
L’importanza dell’ascolto, per mettersi al servizio dei cittadini e costruire così, prendendo spunto dagli errori e dalle conseguenze della pandemia, un’informazione davvero innovativa, digitale e responsabile. È questo il fil rouge emerso dall’incontro di formazione "Il giornalismo e la comunicazione digitale post Covid", organizzato dall’Associazione WebCattolici Italiani (Weca), dalla Federazione dei Settimanali Cattolici Italiani (Fisc) e dall’Unione Cattolica della Stampa Italiana (Ucsi) con Ucsi Lazio, per la prima volta insieme per celebrare la festa di san Francesco di Sales, che si è tenutonei giorni scorsi all’Università Lumsa di Roma.
Il vescovo Domenico Pompili - Foto di Raffaella Conti
«Nel mondo iperconnesso e post-pandemia in cui viviamo si fa difficoltà a capire chi parla e chi è in ascolto, ma soprattutto si privilegia un ascolto che controlla e analizza, basato su ciò che poi diventa merce di scambio», è stato il commento di monsignor Domenico Pompili, vescovo di Rieti e presidente della Commissione episcopale Cultura e Comunicazioni sociali della Cei. «Papa Francesco - ha aggiunto - ha più volte sottolineato come questa disintermediazione porta all’interruzione del dialogo e il mondo dell’informazione finisce per essere incapace di ascoltare quelle che sono le sensazioni profonde e i bisogni della gente». Una costatazione che è anche un grido di allarme, ma che rappresenta anche uno spunto «per migliorare il sistema e dare priorità all’ascolto che permette di far entrare il mondo dentro di noi» ha sottolineato monsignor Pompili. Dunque “Ascoltare con l’orecchio del cuore”, ovvero il messaggio di quest’anno per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, «per riuscire a sfuggire ad una comunicazione che altrimenti ci fa diventare disumani».
Andrea Monda - Foto di Raffaella Conti
La pandemia ha rappresentato, pur nella sua drammaticità, un’occasione di crescita da non sprecare, come ha ricordato il direttore de “L’Osservatore Romano” Andrea Monda, citando le parole del Pontefice. «Una frase - ha raccontato - che diede una scintilla alla mia redazione nel mettersi all’opera per dare una risposta tramite interviste, approfondimenti e storie per cercare di immaginare un mondo post-Covid». Il lockdown che ha fermato il mondo ha fatto emergere la necessità di nuove sfide, come «la crescita del digitale e dell’online - ha spiegato Monda - e la volontà di raccontare storie inedite, profonde e più vicine alla gente». Secondo il direttore de “L’Osservatore Romano”, inoltre, l’ascolto «è fondamentale per riflettere su che tipo di mondo stiamo lasciando e come, da giornalisti, metterci a disposizione degli altri e di chi verrà dopo».
Fabio Bolzetta - Foto di Raffaella Conti
Proprio per «scongiurare il rischio di un’incolmabile distanza relazionale tra le persone, frutto della distanza fisica imposta dalla pandemia», il presidente di WeCa Fabio Bolzetta ha annunciato il lancio di un nuovo spazio digitale ispirato al Messaggio di Papa Francesco per la Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali e che si chiamerà, appunto, “In Ascolto”. «L’obiettivo - ha spiegato Bolzetta - è proprio quello di raccogliere storie e dare la possibilità di narrare ciò che accade nei territori, ma soprattutto metterci in ascolto delle persone e promuovere così buone pratiche digitali e comunicative».
Agnese Pini - Foto di Raffaella Conti
Durante l’evento è poi emerso come il Covid-19 abbia acuito la crisi già imperante dell’editoria e messo il giornalismo di fronte a problemi prima inesistenti o non così gravi, come ha evidenziato Agnese Pini, direttrice de “La Nazione”. «Siamo nel pieno di una rivoluzione industriale - ha spiegato - e la crisi si innesta lì dove tantissime, troppe, realtà non riescono a reggere il passaggio ad un’informazione digitale». Un problema che però «riguarda tutti, perché la chiusura delle testate rappresenta una sconfitta per la democrazia del Paese». Per ripartire e ricominciare, soprattutto dopo la pandemia, per la Pini «è necessario tornare ad informare, fare cultura, formare cittadini consapevoli e non aver paura di sbagliare». Secondo la direttrice de “La Nazione”, infatti, «il giornalismo ha commesso tanti errori con la pandemia, soprattutto su come raccontarla», ma qui entra in gioco «il concetto tanto necessario quanto difficile della verità, reso ancora più complicato da qualcosa, come la pandemia, che non conosciamo». Bisogna dunque fare informazione «con umiltà e senso del limite», con la consapevolezza di «avere in tasca la verità con la “v” minuscola, dunque mai perfetta» e «facendosi guidare dal limite del buon senso».
L’incontro è stato inoltre un motivo «per fermarci - ha aggiunto sempre Fabio Bolzetta - e capire se abbiamo davvero imparato qualcosa dalla pandemia nel raccontare e nell’ascoltare il Paese».
Per Mauro Ungaro, presidente Fisc: «La pandemia ci ha trovato impreparati, con chiese, oratori e diocesi chiuse, dunque senza la nostra materia prima, ma siti e social hanno avuto un aumento esponenziale di pubblico perché la gente ci stava cercando. La gente cercava qualcuno di cui fidarsi che raccontasse ciò che stava succedendo al di là di numeri e bollettini». La crisi ha dunque evidenziato la necessità «di ritornare alle origini e avere un contatto diretto con le realtà locali».
Tante, però, anche le fake news: un problema «che ci deve far riscoprire la responsabilità di ascoltare e raccontare correttamente ciò che avviene», ha sottolineato invece Vincenzo Varagona, presidente nazionale Ucsi. «L’ascolto - ha aggiunto - è fondamentale per metterci a disposizione degli altri non solo in quanto lettori ma anche come futuri cittadini».
Una missione, però, «spaventosamente disattesa durante la pandemia», come ha ricordato Saverio Simonelli, presidente Ucsi Lazio. «L’errore - ha spiegato - è stato fare un’informazione troppo di pancia, basato sul clima percepito e non su ciò che stava realmente accadendo. Riprendendo una metafora del Pontefice - ha concluso - bisogna tornare ad un giornalismo che sia come gli arazzi, raccontando i fili e le trame che si intrecciano dietro i fatti e non solo ciò che si vede davanti».
All’incontro hanno partecipato in presenza giornalisti e comunicatori digitali provenienti da Veneto, Umbria, Puglia, Molise, Sicilia, Marche e Toscana.