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Lampedusa. La storia di don Carmelo, parroco della “porta d'Europa”

Annalisa Guglielmino martedì 4 giugno 2024

Don Carmelo Rizzo, parroco a Lampedusa

Fino a 26 anni ha fatto il cuoco, poi l’ingresso in Seminario per farsi prete. Una decisione presa dopo la «una specie di sfida che avevo lanciato a Dio». Don Carmelo Rizzo, sorriso ampio e contagioso, oggi è parroco a Lampedusa. E vederlo qui, sull’approdo all’Europa per migliaia di migranti, in una comunità messa alla prova dagli sbarchi di questi anni, è come guardare un disegno ben fatto.

«Dopo l’alberghiero - racconta - lavoravo nei giorni in cui i miei coetanei si divertivano. A vent’anni non avevo un rapporto molto profondo con Dio, ma un sabato sera gli dissi: “Se esisti, devi farmi trovare un lavoro in cui il week end sia libero’”. Pochi giorni dopo mi proposero di lavorare per una mensa di operai, dal lunedì al venerdì. Rimasi scosso e nel fine settimana cominciai a frequentare la parrocchia. Da lì cominciò un percorso col mio padre spirituale che nel 2010 mi ha portato a essere prete».

Un prete oggi a servizio di una comunità unica e specifica, che assiste ogni giorno all’arrivo di un’umanità disperata. «Ti colpiscono i loro sguardi – riprende don Carmelo –. Di chi durante la traversata ha visto in faccia la morte o ha perso parenti e compagni di viaggio. Ti rendi conto che anche una semplice carezza, o chiedere il loro nome, può fare la differenza per farli sentire persone, e non numeri. È quello che cerchiamo di fare ogni volta che ci troviamo ad accogliere dei nuovi arrivati».

Qui, in una sala parto improvvisata, a luglio del 2021 è nata Maria, da una donna giunta all’ottavo mese di gravidanza. Da alcune decine di anni non nasceva un bambino sull’isola, perché le lampedusane partoriscono nelle strutture siciliane. Don Rizzo era appena arrivato in parrocchia: il suo ministero qui è iniziato nel segno della vita.