Intelligenza artificiale & fede. Usiamo le macchine digitali con le nostre domande
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C’è un calore che solo la comunicazione tra persone può dare. È quel “di più” misterioso, ma reale, che riceviamo ogni volta che sperimentiamo l’intensità di una relazione, data dalla capacità di spingersi in quel legame sino al dono di noi stessi. Ne facciamo esperienza quotidiana in famiglia, al lavoro, nei nostri contesti civili ed ecclesiali. Un “di più” che si sprigiona quando ascoltando permettiamo alla narrazione dell’altro di entrare in noi, per poi consegnare parole nate dall’essere stati feriti, commossi, interrogati da quel vissuto. Ma oggi è davvero possibile riconoscere se queste parole, spesso diffuse online, provengono da un essere umano o da una macchina?
L’incredibile capacità dell’intelligenza artificiale di simulare le comunicazioni umane apre scenari inesplorati rispetto ai quali occorre un surplus di consapevolezza. Proprio perché la dinamica camaleontica di questi nuovi sistemi può ingannare e illuderci. È alla luce di questo contesto che papa Francesco ha scelto per la Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali 2024 il titolo «Intelligenza artificiale e sapienza del cuore: per una comunicazione pienamente umana». Tema non semplice, alla luce di una rivoluzione senza precedenti che va a toccare ciò che è premessa e culmine di un’autentica comunicazione: un incontro con l’altro che spingendosi alla sua massima intensità diventa capace di generare comunione. Il tema evidenzia due rischi di questa rivoluzione.
Il primo è quello di contribuire a diffondere una disinformazione su larga scala, facendo circolare intenzionalmente informazioni distorte o false che allontanando dalla verità influenzano le nostre scelte. Immersi in ambienti digitali dove circolano parole che pretendono di essere vere, sembra decisiva la capacità di rallentare per poter pensare, così da riconoscere le parole autentiche. Il secondo rischio è aumentare la solitudine di chi già è solo. Proprio perché a essere protagonista del “dialogo”, in realtà, è una macchina che simula così bene da farti cadere nel tranello di credere che qualcuno stia davvero pensando a te e sia interessato al tuo vissuto. Perché nelle nostre esistenze tanto accelerate quanto ingolfate hai la prova che qualcuno ti vuole bene quando accetta che il “perdere tempo con te” non sia una “perdita di tempo” ma la possibilità di condividere la parte più intima di sé. In fondo questa «sapienza del cuore », per usare le parole di papa Francesco, la si può apprendere soltanto dalla vita e non dalle informazioni raccolte sul web. Ed è questa “sapienza” l’ingrediente capace di restituire sapore alla comunicazione.
La sapienza di chi non ti fornisce risposte preconfezionate ma ti accompagna con arte e pazienza nel discernimento perché tu possa dare la tua personalissima risposta di vita. La sapienza di chi dopo averti ascoltato sa offrire interrogativi che provochino un passo di crescita, o di chi ti consegna dialoghi nati da un dolore, da una gioia condivisa, dall’aver sbagliato e poi imparato dall’errore. L’intelligenza artificiale, per quanto sempre più perfetta, potrà anche sbagliare. Ma non avrà mai una coscienza con la quale confrontarsi, né la consapevolezza che da quell’errore potrà crescere e imparare qualcosa. « È necessario – rileva il tema proposto – che la comunicazione sia orientata a una vita più piena della persona umana ». Una pienezza che solo il dono gratuito di sé permette di raggiungere. Perché se l’intelligenza artificiale è in grado di dare risposte, un uomo vale più per le domande che è capace di porsi. Quelle che la sapienza del cuore potrà suggerire all’intelligenza – questa volta umana – e alla coscienza, in una comunicazione che sprigionando così la sua massima intensità potrà consegnare quel calore che riempie di senso la propria vita.
Parroco di Santa Margherita Ligure - Diocesi di Chiavari