Il dibattito. Così gli algoritmi cambiano il mondo
Le notizie diffuse sulla rete sono “pilotate” dagli algoritmi in diversi modi: gli algoritmi nei motori di ricerca mettono in contatto gli utenti con le informazioni desiderate, gli algoritmi di profilazione selezionano i destinatari delle notizie in base ai loro interessi, individuali e di gruppo, gli algoritmi di raccolta estensiva di dati sulla rete e quelli di analisi dei “Big data” raccolti ne ricavano scenari utili per il commercio o per la propaganda.
La Rete ci rende allo stesso tempo comunicatori e destinatari della comunicazione, e gli algoritmi che ci permettono di raggiungere un pubblico vasto sono gli stessi che ci fanno arrivare un cumulo di notizie che spesso reputiamo di poco interesse, o fastidiose. Ciò è dovuto al fatto che i costi del funzionamento delle piattaforme di rete devono trovare una contropartita economica, e ciò avviene valorizzando le informazioni che circolano sulla rete.
Si crea così una deformazione comunicativa: il valore delle notizie sta nella quantità di pubblico che riescono a interessare, il pubblico della Rete dedica la sua attenzione solo alle notizie in grado di suscitare interesse ed emozioni, emergendo così dal cumulo informativo, di conseguenza il linguaggio con cui si comunica tende a catturare l’attenzione, a trattenere il lettore con espressioni “forti”, a suscitare effetti emotivi intensi.
Quando pubblichiamo qualcosa in Rete, dobbiamo sapere come evitare le “trappole” degli algoritmi, o meglio, dobbiamo imparare ad usare le caratteristiche della Rete per valorizzare quello che pubblichiamo e renderlo più visibile. Ad esempio, i motori di ricerca offrono dei siti di assistenza che aiutano a seguire le regole per ottenere la massima visibilità. Occorre d’altra parte essere consapevoli che più aumentiamo in visibilità, maggiore sarà il flusso di informazioni che riguardano le nostre pagine web o il nostro profilo social e di conseguenza maggiore sarà l’accumulo dei nostri dati nei “serbatoi” delle informazioni interessanti per un’analisi successiva.
Se questo può essere positivo per la comunicazione “istituzionale”, presenta dei rischi per la comunicazione personale, perché gli algoritmi di profilazione possono ricostruire un identikit della nostra personalità mettendo in relazione le diverse informazioni che noi stessi comunichiamo. Riguardo alla profilazione qualcosa possiamo fare, accettando solo i “cookie” necessari per la navigazione e rifiutando quelli usati per la profilazione, ma l’unico modo per salvaguardare la nostra privacy è quello di avere sempre presente che in Rete quello che comunichiamo può essere visibile anche a chi non vorremmo, e rimane comunque per sempre.