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I nuovi incaricati. Accanto ai giovani d'oggi, questo è il passo giusto

Matteo Liut mercoledì 3 novembre 2021

Sono consapevoli del delicato e decisivo compito che li aspetta, sanno che oggi l’imperativo, più che ripartire, è quello di ricucire un tessuto strappato e sfilacciato, nella vita delle persone così come nella Chiesa. Non hanno paura di ammettere che la pandemia non ha fatto altro che far emergere criticità e ferite in parte già latenti nelle comunità locali. Ma i nuovi incaricati di Pastorale giovanile delle diocesi, delle associazioni, dei movimenti e delle realtà religiose d’Italia durante l’incontro loro dedicato dal Servizio nazionale Cei hanno sperimentato il primo e più potente strumento per assolvere alla loro missione: la bellezza dello stare assieme. C’era un clima di amicizia, di allegria e di profonda condivisione, infatti, al XXVI appuntamento di «Con il passo giusto» svoltosi nei giorni scorsi al priorato di Saint Pierre, a una manciata di chilometri da Aosta.

Ad accompagnare i circa 60 incaricati provenienti da una trentina di diocesi o realtà ecclesiali italiane c’era lo staff del Servizio nazionale per la pastorale giovanile, guidato da don Michele Falabretti. Il tradizionale incontro, che quest’anno si è potuto tenere dopo lo stop dell’anno scorso a causa della pandemia, è stato l’occasione per riconsegnare alla Chiesa italiana un messaggio non nuovo ma sempre più urgente: la pastorale giovanile non può e non deve essere un lavoro di pochi 'specialisti', ma un impegno condiviso dell’intera comunità al fianco delle nuove generazioni. E in questo l’incontro valdostano è stato un ottimo laboratorio, perché ha permesso di far capire ai nuovi incaricati che non sono soli nel loro cammino.

Il gruppo presente a Saint Pierre era composto da giovani (ma anche alcuni meno giovani) sacerdoti, laiche, laici, studenti e lavoratori, tutti uniti dalla voglia di «restituire alle nuove generazioni ciò che si è ricevuto », come notato da don Falabretti, ma anche consapevoli delle tante difficoltà da cui parte in questo momento il loro mandato. E durante le cinque sessioni di lavoro dell’incontro a Saint Pierre intervallate da momenti di convivialità, visite culturali e una spettacolare uscita nella natura sul Monte Bianco - il dibattito sulle sfide della pastorale giovanile in questo tempo si è svolto all’insegna della franchezza e della schiettezza.

Come la sollecitazione posta da don Gianluca De Marco, da due mesi incaricato della pastorale giovanile di Novara, che ha dato voce a una delle maggiori preoccupazioni dei presenti: come lavorare in continuità con il cammino che si è ricevuto in eredità. Ma non manca chi, come don Giovanni Tazzoli, incaricato della diocesi di Pescia, ha in realtà la necessità di costruire un cammino del tutto nuovo e quindi di immaginarsi soluzioni e strategie inedite nel territorio locale. O chi deve mettere insieme le esigenze di comunità con storie diverse in fatto di pastorale giovanile, come don Paolo Revello e Mattia Dutto incaricati delle diocesi di Cuneo e Fossano, da tempo unite nella persona del vescovo.

Altri, invece, devono confrontarsi con oggettivi ostacoli posti da eventi drammatici, come don Pier Luigi Morlino e suor Lorella Nucci, che a Spoleto si sono trovati a cercare risposte per i giovani segnati non solo dalla pandemia ma anche dalle ferite del terremoto (che tra l’altro ha distrutto anche il centro della pastorale giovanile) e hanno deciso di ripartire offrendo uno spazio e degli insegnanti volontari per le ripetizioni scolastiche. Don Paolo Bovina, di Ferrara, ha ricordato che oggi una delle sfide è posta dal fatto che non è più il tempo dei grandi eventi. Per questo, ha suggerito don Luca Zamboni, di Verona, si deve «ripartire dalle persone ». L’attenzione, aggiunge don Adrian Gabor, di Ferrara, è quella di non lasciare che «la funzione soffochi l’identità».

Da parte sua don Paolo Ravicini di Tivoli sottolinea l’importanza di uno dei temi trattati a Saint Pierre, la necessità di ricevere un mandato da parte dell’intera comunità e di chi la rappresenta. Questo anche per poter lavorare in rete assieme a tutte le realtà presenti nella comunità cristiana, che è l’attenzione alla quale richiama Francesco Casadei, del Rinnovamento nello Spirito Santo.

Anche Federica Storcè, con un lavoro al Ministero dell’Economia e delle Finanze, e Martina Gasbarri, studentessa di Lettere classiche alla Sapienza di Roma, che fanno parte dell’èquipe di Viterbo, hanno ricordato l’importanza di fare rete con gli altri uffici della diocesi. Se Federica e Martina, poi, devono conciliare l’impegno in pastorale giovanile con i ritmi lavorativi e di studio, o di famiglia come Samanta Coltrioli, educatrice e mamma di Città di Castello, anche i preti spesso devono mettere insieme diversi incarichi in diocesi, come don Riccardo Pincerato di Vicenza, che è impegnato anche in un’unità pastorale di quattro parrocchie, o don Lorenzo Barbieri, di Vittorio Veneto, che segue anche la comunità propedeutica del Seminario.

In tutto questo, ovviamente, non ci si dimentica dei cammini ordinari, che i nuovi incaricati sono chiamati a portare avanti e, nel farlo, non si perdono d’animo, come nota don Raffaele D’Addio, di Acerra, che racconta del bel momento della Veglia dei Santi in Cattedrale e dell’attesa in diocesi per l’arrivo a fine novembre delle reliquie del beato Carlo Acutis. Insomma ad Aosta i nuovi incaricati hanno testimoniato in prima persona un universo giovanile variegato, chiamato ad affrontare un mondo complesso e per molti aspetti fragile, ma anche ricco di opportunità e strumenti che permettono di creare relazioni nuove.