È nel cuore la vera «bilancia di Dio»
del Tempo Ordinario
Anno B
In quel tempo, Gesù nel tempio diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa». Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».
C'è un luogo nel tempio dove tutti passano, Gesù siede lì, davanti ai tredici piccoli forzieri delle offerte, di fronte al sacerdote che controllava la validità delle monete e dichiarava a voce alta, per la folla, l'importo dell'offerta.
In quel luogo, dove il denaro è proclamato, benedetto, invidiato, esibito, Gesù osserva invece le persone, e nota tra la folla una vedova, povera e sola: non ha più nessuno, non è più di nessuno, e perciò è di Dio. «L'uomo guarda le apparenze, Dio guarda il cuore» (1 Sam 16,7), ed ecco che il denaro si dissolve, è pura apparenza, il tesoro è la persona. Nel Vangelo di norma i poveri chiedono e supplicano, ora un povero non chiede nulla per sé, ma è capace di dare tutto.
Allora Gesù chiama i discepoli, è l'ultima volta in Marco, e indica un maestro della fede in una donna povera e sola, capace di dare anche l'ultimo sorso, gli ultimi spiccioli di vita. Mentre l'evidenza del mondo dice: «più denaro è bene, meno denaro è male», Gesù capovolge questa logica: «più cuore è bene, meno cuore è male». Il bene è detto dal cuore. Le bilance di Dio non sono quantitative.
Tutti danno del loro superfluo, e i loro beni restano intatti; lei invece dà ciò che ha per vivere, e le rimane solo Dio. D'ora in poi, se vivrà, lo farà perché quotidianamente dipendente dal cielo. Ma chi ha il coraggio di dare tutto, non si meraviglierà di ricevere tutto.
Beati i poveri che non hanno cose da dare, e perciò hanno se stessi da dare. Come un povero, puoi donare ciò che hai per vivere, ma ancor più ciò che ti fa vivere: le spinte, le sorgenti, le passioni vitali. Non c'è vita insignificante o troppo piccola, nessuno è così povero o debole, nessuno così vuoto o cattivo da non poter donare la ricchezza delle esperienze, le intuizioni, le forze del cuore, le energie della mente, il segreto della bellezza che ha visto e goduto, i motivi della sua gioia, i perché della sua fede.
E ricominciamo, con il magistero di una donna, a misurare il mondo non con il criterio della quantità, ma con quello del cuore.
Non c'è nessun capitalismo nella carità, agli occhi di Colui che guarda il cuore la quantità non è che apparenza. Ciò che conta non è il denaro, ma quanto amore vi è stato messo, quanta vita contiene. Talvolta tutto il Vangelo è racchiuso in un bicchiere d'acqua fresca, dato solo per amore; tutta la fede è in due spiccioli, dati con tutto il cuore.
(Letture: 1 Re 17,10-16; Salmo 145; Ebrei 9,24-28; Marco 12,38-44)