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«Fermati tempo» dicono i giovani lasciati soli

Maria Romana De Gasperi sabato 1 febbraio 2014
«Non si butta via niente» è il titolo dell'ultimo numero del piccolo giornale del Pig di Pianezze. È un Progetto Intercomunale dei Giovani che abitano tre paesi del Veneto: Molvena, Masòn e Pianezze. «Viviamo in un tempo di instabilità, pieno di difficoltà e turbolenze in cui noi giovani fatichiamo a trovare la nostra via. Abbiamo bisogno più di chiunque altro di trovare dei punti fissi» Con queste parole ha inizio l'articolo di fondo dell'ultimo numero dove la proposta è di conoscersi meglio, di ascoltare le voci di tutti e di promuovere assieme iniziative che possano dare coraggio e coscienza del mondo che gira attorno a loro. Il 6 dicembre scorso ad una lunga fiaccolata che attraversava i loro paesi hanno dato il titolo: «Fermati tempo e lasciati guardare». Non solo un momento di riflessione sulle difficoltà di questo tempo, ma un modo diverso di rileggere la propria vita infondendo quell'ottimismo che aiuta a vedere la positività di ogni situazione. Il fermati tempo ha quindi il significato di fermarsi a riflettere sulle instabilità di oggi e di accettare le sfide che propone questa realtà. Infine ciò che impressiona nell'incontro con i giovani di questa associazione è il coraggio e la volontà di stare assieme nella ricerca di una possibile soluzione di vita. È un esempio per tutti noi che nella vita civile e politica cerchiamo invece distinzioni a volte superflue e negative con i continui distinguo che ci rendono deboli nei confronti di un serio impegno comune per il nostro Paese. Chi perde di più, di fronte alle nostre incertezze, sono loro, i giovani, troppo spesso lasciati soli alla ricerca, del proprio futuro. A questo tipo di associazioni che sotto nomi diversi, ma con lo stesso spirito di ricerca stanno sorgendo in tante parti d'Italia si dovrebbe dare maggiore ascolto e mi permetto di suggerire ai deputati del luogo di andare a cercarli non solo nel tempo di elezioni. L'altro giorno, dopo un bellissimo incontro con i ragazzi del Pig, venni accompagnata a Villa S. Biagio su una di quelle colline che sono la piacevole corona dei paesi del Veneto. Una bolla di Papa Gregorio IV del 828 conferma al monastero Benedettino costruito su questa altura, la proprietà di una azienda agricola e i diritti di decima del terreno circostante. I monaci dissodarono le terre, prosciugarono i terreni e contribuirono all'evangelizzazione delle zone rurali attorno gestendo l'azienda secondo l'aspetto feudale finché i rapporti con la popolazione si guastarono e nel 1271 l'Abate venne assassinato. Una nota storica sul tavolo d'ingresso del piccolo resort dove fui accolta per la notte racconta che nel 1451 il monastero era passato a proprietà privata. Ma le luci lontane nella pianura e il silenzio tutto attorno sembravano rendere ancora vive le preghiere dei monaci per la pace, per il lavoro, per l'incontro delle genti in un futuro di progresso comune.