«Ahi, Wall Street!»: così García Lorca a New York ci raccontò in versi il '29
Proprio oggi, dopo la catastrofe finanziaria degli ultimi mesi, possiamo rileggere questo classico della poesia del Novecento scritto a New York nell' anno del crollo di Wall Street: «È qui» scrisse Lorca «che ho avuto un'idea chiara di che cos'è una folla in lotta per il denaro». La copertina Einaudi riporta alcuni versi che potrebbero sembrare surrealisticamente oscuri, ma che risultano invece fin troppo chiari in una sequenza di immagini che mostrano la città più moderna del mondo, la capitale della finanza, divorata e sommersa da un'eterna, vendicatrice e pacificante foresta tropicale: «Ormai i cobra fischieranno sugli ultimi piani./Ormai le ortiche faranno tremare cortili e terrazzi./Ormai la Borsa sarà una piramide di muschio./Ormai verranno le liane dopo i fucili/e molto presto, molto presto, molto presto.//Ahi, Wall Street!»
Fra nuove amicizie, musica e teatri, a New York il poeta fu anche felice. Ma nel libro prevalgono denuncia, rifiuto, senso di morte, le visioni di un'apocalisse della modernità continuamente in atto. Quest'opera è il più grande poema realistico che il surrealismo abbia prodotto.