Zanzotto e i paradossi antinichilisti nelle poesie inedite del nichilista Celan
Come Zanzotto ricorda, Celan è poeta spesso inaccessibile e impenetrabile, sia per rarefazione che per densità di significato: un poeta che esige, impone il lavoro interpretativo, eppure mette radicalmente «in crisi qualunque ermeneutica». I paradossi non finiscono qui. La poesia di Celan letterariamente è nata nel clima dei diversi sperimentalismi novecenteschi, ma non per questo può essere definita sperimentale. C'è sempre in essa «qualche cosa di definitivo e di lapidario», perché moralmente, invece, è una poesia nata (e indotta alla morte) dall'esperienza dei lager nazisti. Il silenzio che la abita non è solo il silenzio teorizzato dalle poetiche novecentesche, fra tardosimbolismo ed ermetismo; più che di silenzio, precisa Zanzotto, si dovrebbe parlare di «mutezza»: «Per chiunque (…) l'avvicinamento alla poesia di Celan, anche in traduzione e in forma parziale e frammentaria, è sconvolgente. Egli rappresenta la realizzazione di ciò che non sembrava possibile: non solo scrivere poesia dopo Auschwitz, ma scrivere "dentro" queste ceneri, arrivare a un'altra poesia piegando questo annichilimento assoluto, e pur rimanendo in certo modo nell'annichilimento». C'è appena bisogno di aggiungere che un tale poeta non è imitabile.