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Yogurt e olio, l'Italia ora festeggia

Andrea Zaghi sabato 17 settembre 2011
L'olio giusto al prezzo giusto, ma anche lo yogurt fatto con latte vero, la passata di pomodoro "italiano" per davvero e non per finta. Sono ormai tante le battaglie che i nostri produttori agricoli quasi ogni giorno devono combattere per evitare la concorrenza sleale di chi scimmiotta i nostri prodotti per lucrare guadagni non proprio leciti. Si tratta di battaglie vinte e perse, ma pur sempre legittime; non solo per il buon nome del nostro agroalimentare ma, soprattutto, per la difesa dei nostri interessi in un comparto che continua ad essere fra i più importanti per l'economia nazionale. Le cronache di questi giorni riportano due esempi da tenere a mente: lo sventato pericolo di vedere sui nostri scaffali lo yogurt senza latte e la messa a punto, da parte dei produttori, di numeri precisi sul prezzo di vendita giusto dell'olio di oliva.
Sullo yogurt i produttori hanno immediatamente - e giustamente - cantato vittoria. La Coldiretti parla di un "blitz sventato", che aveva l'obiettivo di far arrivare sulle tavole un prodotto senza latte e senza alcuna informazione in etichetta. In pratica, in Parlamento stava per passare una norma che consentiva l'uso di latte in polvere al posto di quello "vero" per la preparazione dello yogurt (al pari di quanto già avviene in altri Paesi Ue). Sembra si sia riusciti a convincere la commissione Agricoltura della Camera della pericolosità di un'operazione di questo genere. Per i consumatori si sarebbe determinato un forte danno in termini di genuinità, per i produttori sarebbe stata una mannaia sui bilanci delle imprese lattiere, che non vivono certo momenti felici. Basta pensare che le vendite di yogurt crescono in modo costante soprattutto nei consumi dei giovani. Ogni italiano ne consuma in media 7 chilogrammi l'anno. E non solo, perché se si considera che occorrono 1,2 kg di latte fresco per ottenere un kg di yogurt, la sua sostituzione con la polvere avrebbe provocato un taglio dei consumi di latte italiano fino a circa 360 milioni di kg.
Poi c'è l'olio di oliva, quello buono naturalmente. In termini di offerta al consumo finale, ci si trova davanti ad una giungla che l'Unaprol (la più importante associazione di olivicoltori in Italia), ha tentato di sfoltire chiarendo bene il "prezzo di vendita giusto". «Una confezione da litro di un buon olio extra vergine di oliva, prodotto al 100% con olive italiane, non potrebbe costare - secondo quanto calcolato - mediamente al consumo, sullo scaffale di un supermercato, meno di 6 euro». Non molto, se si pensa che un chilo d'olio sintetico per il motore dell'auto costa mediamente tra i 5 e i 15 euro. Dietro il prezzo corretto dell'olio di oliva, fra l'altro, sono calcoli, rilevazioni e pratica di mercato. A determinare il prezzo finale c'è tutto quanto occorre per trasformare e portare le olive dall'albero alla bottiglia. Tutto senza utili aziendali per il produttore. Insomma, il prezzo sarà anche giusto, ma l'impresa olivicola non ci guadagna granché.