WhatsApp, la fiducia e la moltiplicazione del falso
Nel cosiddetto mondo reale, però siamo convinti di saperci muovere. E quindi, tutto sommato, siamo tranquilli. Le cose cambiano quando abbiamo a che fare con la tecnologia digitale. Un tempo la consideravamo inattaccabile. E se una macchina digitale ci tradiva, eravamo portati a pensare che non fosse davvero tutta colpa sua. «I computer non sbagliano. Sono servi sciocchi» ci ripetevano.
Lasciando da parte l'enorme e complesso mondo dell'intelligenza artificiale e tutte le sue future implicazioni, più passa il tempo e più vediamo che la tecnologia può essere manipolata con sempre più facilità e da sempre più persone, creando danni enormi. Abbiamo scoperto che sui social ci sono «bot» (cioè programmi «robot») che si fingono umani per orientare il pensiero comune. Che certe notizie false, se rilanciate nel digitale con alcuni «trucchi» hanno molta più forza di quelle vere. Che le ricerche su Internet possono agevolare alcuni rispetto ad altri e che persino WhatsApp, nato come sistema di messaggistica, può venire hackerato «per manipolare i messaggi inviati all'interno dei gruppi di discussione o delle chat private». Ieri l'azienda israeliana di cybersecurity Check Point Software ha scoperto «una nuova falla di WhatsApp che permetterebbe a un criminale informatico di sostituire o creare ex novo messaggi a nome e per conto di persone di vostra fiducia».
Immaginatevi la scena: ricevete un messaggio da una persona (o da un'azienda) che conoscete bene e di cui vi fidate, che vi chiede di fare qualcosa di molto importante. Qualcosa che vi spinge a fare un azione pesante. Voi vi fidate e la fate. Il messaggio però era stato creato ad arte per truffarvi e manipolarvi.
Se a questo aggiungete che da tempo esistono programmi capaci di rimontare video, facendo dire al protagonista (famoso o no) praticamente ciò che si vuole e che esistono app dove viene sostituita (per ora in maniera non perfetta) la faccia di una persona comune in video pornografici (ma potrebbero essere usate per qualunque video) ci troviamo di fronte a un problema grande come una casa. Che non riguarda solo «le fake news». Ma tutto un mondo dove presto qualunque cosa potrà essere «fake», cioè falsa, o spacciato per tale anche quando sarà vera.
Nel frattempo, anche senza hacker, c'è la capacità dell'uomo di usare le tecnologie anche per dare il peggio di sé. A giugno, in India, cinque uomini sono stati linciati dalla folla nello stato occidentale del Maharashtra, in India, a causa delle false voci su rapimenti di bambini che si stanno diffondendo da tempo su WhatsApp. Una piaga che ha portato il Governo indiano a chiedere la chiusura di WhatsApp, perché ritenuto complice di questa serie di omicidi.
Il problema è mondiale. «WhatsApp è un veicolo di disinformazione virale», ha scritto Shan Wang su NiemanLab, ricordando che per fortuna in Brasile e Messico la società di Zuckerberg ha avviato collaborazioni con numerose organizzazioni per creare task force in grado di fermare le notizie false che vangono propagate con questa app.
Quello che era nato come un sistema gratuito di messaggistica è infatti ormai diventato un social. Una piattaforma dove non solo si inviano con facilità messaggi di testo, ma anche foto, video e note vocali, e dove si possono creare gruppi e liste ma che è anche un luogo perfetto per condividere notizie, vere e false.
Non c'è giorno che non scopriamo che qualcosa o qualcuno viene manipolato digitalmente. E il rischio è, che non avendo strumenti abbastanza efficaci per difenderci, finiremo per non credere a nessuno. O peggio: solo a quello o a quelli che ci convengono. Illudendoci così di non essere comunque dei potenziali truffati.