Quella coreana è una comunità cristiana “giovane”, che ci mostra come il messaggio del Risorto agisce nella storia, diffondendosi grazie al fascino e alla bellezza che porta con sé. In Corea, dove di fatto la Chiesa ha le proprie radici nell’opera dei laici, la fede cristiana arrivò nel 1784 proprio grazie a un laico che partecipava alle delegazioni inviate a Pechino. Ma da subito, in pratica, in Corea la Parola di Dio e chi la testimoniava cominciarono a essere considerati con sospetto, tanto che fino al 1882 il Paese fu segnato da una violenta persecuzione contro i cristiani, portatori, a dire del governo coreano, di una “follia”. Per questo la comunità locale perse anche l’unico prete, che era giunto dalla Cina. Solo nel 1837 dei ministri ordinati poterono rimettere piede nel Paese, ma anche questi furono martirizzati. Nel 1984 papa Wojtyla canonizzò 103 martiri coreani che avevano dato la propria vita per far crescere il Vangelo in Corea. E tra queste “radici viventi” vi fu anche il primo sacerdote coreano Andrea Kim Taegon (1821-1846) e Paolo Chong (1795-1839), apostolo laico, che si adoperò per far arrivare missionari dalla Cina. Il primo era nato da una nobile famiglia coreana cristiana (il padre morì martire a 44 anni) ed era stato mandato a studiare a Macao da uno dei missionari “clandestini”. Rientrato in patria fu ordinato prete nel 1844 dal vescovo francese Jean-Joseph Ferréol, anch’egli clandestino, con il quale lavorò a stretto contatto. Taegon venne individuato e arrestato nella primavera del 1846: fu decapitato il 16 settembre successivo.
Altri santi. Sant’Eustachio Placido, martire (I-II sec.); san Giancarlo Cornay, sacerdote e martire (1809-1837).
Letture. Romano. 1Tm 3,14-16; Sal 110; Lc 7,31-35.
Ambrosiano. 1Gv 5,14-21; Sal 45 (46); Lc 18,15-17.
Bizantino. Ef 6,10-17; Ef 6,10-17.
t.me/santoavvenire