Oggi si sentono molti genitori dire: "Non voglio influenzare l'orientamento di mio figlio; la scelta dovrà essere tutta nelle sue mani; io desidero soltanto che sia felice". Dicendo così, questi genitori non si rendono conto del problema che essi creano. L'amore, in verità, non è desiderare che l'altro sia soltanto felice. Come sant'Agostino insegna, l'amore è anzi un "volo ut sis": "voglio che tu sia". Più degli stati che attraversiamo e delle stagioni che sperimentiamo, c'è quello che noi siamo. L'arte di essere deve prevalere: al di là delle ore solari o notturne, dei processi di fioritura o delle impasse, della danza discendente della penombra o dell'aereo disegno del giubilo. Non possiamo desiderare che uno sia solo felice. Ciò equivale a coartare la vita e a fantasticarci pericolosamente sopra. A noi incombe stimolare coloro che amiamo alla coraggiosa accettazione della vita, in ciò che essa ha di pienezza ma anche di vuoto e perfino di delusione. A quanta sapienza, infatti, noi accediamo unicamente attraverso questo ponte di corda che ci appare sospeso sull'abisso. Non sempre l'ombra è il contrario della luce, così come l'ardua fatica di vivere non è il contrario della felicità. Sono tappe dello stesso fiume che scorre. Ci sono lacrime che ci consolano quanto e più di molti sorrisi. E ci sono dolori che ci introducono in un'esperienza di gestazione che non credevamo possibile.