Il filosofo russo Vladimir Kantor, autore di opere narrative oltre che filosofiche, docente alla Scuola Superiore di Economia di Mosca, torna con un ottimo saggio su un vecchio tema: Dostoevskij, Nietzsche e la crisi del cristianesimo in Europa (Amos Edizioni). Veniamo così trascinati in uno dei più radicali e profetici scontri di idee che hanno preceduto il Novecento, con il nichilismo delle dittature bolscevica e nazista, l'espandersi delle democrazie, la conflittuale convivenza di ribellione delle masse e ruolo delle élite. Al centro la doppia interpretazione che Dostoevskij e Nietzsche hanno dato del cristianesimo, senza cui la democrazia occidentale e i diritti della persona non si sarebbero imposti. Scrive Vladimir Kantor: «Cristo intendeva risvegliare il senso della persona in ciascuno: essa non si è risvegliata in tutti, ma per tutti è rimasta una possibilità aperta. A irritare Nietzsche era che nel cristianesimo ognuno poteva pensare di avere un valore, perfino chi era più in basso, e ciò era rovinoso per la comparsa del Superuomo, per la volontà di potenza». Nell'aforisma 43 dell'Anticristo, Nietzsche afferma: «il cristianesimo deve la sua vittoria a questa miserabile adulazione della vanità personale – in tal modo ha attirato a sé tutti i falliti, tutti coloro che covano la rivolta, tutti coloro che se la sono cavata male, l'intera feccia e schiuma dell'umanità». Come psicologo pessimista delle masse (quelle stesse che dissero a Pilato: «Crocifiggilo!») Nietzsche vede bene il lato potenzialmente criminale del ribelle: ciò che nell'interpretazione delle élite rivoluzionarie, di sinistra e di destra, ha portato alla criminalità di partito e di Stato in nome del popolo. Dostoevskij va oltre, o meglio vede i due lati della realtà. Pur sapendo che «l'infelice povero non è necessariamente morale», nei Fratelli Karamazov «non poteva che accettare la realizzazione sociale della dottrina cristiana, la Chiesa». Il suo personaggio preferito, padre Zosima, profetizza: «Ora la società cristiana non è ancora pronta a questo», è ancora una «unione quasi pagana», ma si trasformerà in Chiesa universale. Si potrebbe aggiungere: il ruolo sociale di una religione è una deduzione pratica inevitabile, ma non è mai tutto.