Vite vampirizzate nell'ultimo romanzo di Alberto Ongaro
Ci si può immaginare la sorpresa di uno scrittore che, ricevendo la traduzione di un proprio romanzo in una lingua che può controllare, si accorge che il traduttore ha infilato nelle pagine un personaggio che non era uscito dalla sua penna (da suo computer). È questo il tema del nuovo romanzo di Alberto Ongaro, La versione spagnola, (Piemme, Casale Monferrato 2007, pagine 256, euro 14,50). Che fare in questi casi? Correre subito dall'editore spagnolo e chiedere spiegazioni sarebbe la via più spiccia, ma Marco Senise intuisce che il mistero è più contorto e, scavando nella memoria, risale a una strana bambina che, tanti anni prima, gli era apparsa dall'alto di un muro di cinta a Venezia, con uno strano pupazzo imbevuto d'acqua con tendenze suicide. Compie un viaggio nei luoghi dell'infanzia ottenendo alcuni indizi e poi, finalmente a Madrid, scopre che la misteriosa traduttrice in realtà l'ha seguito di libro in libro, elaborando una complicata vendetta autodistruttiva.
Ongaro, con movenze giallistiche e scrittura funzionale, mette a tema una questione solitamente trascurata, e cioè le conseguenze esistenziali di chi, inopinatamente, scopre che la sua vita è stata vampirizzata in un romanzo. Gli autori se la cavano con una frase del tipo «ogni riferimento a fatti o personaggi esistenti è del tutto casuale», ma la realtà è spesso un'altra. Sia pure con l'intervento della fantasia, il più delle volte il riferimento è tutt'altro che casuale, e chi vi si riconosce può restarne ferito.
Un caso clamoroso è quello di Ibsen che per la Nora di Casa di Bambola, si ispirò a Laura Kieler, una ragazza conosciuta quando lo scrittore era giovane commesso in una farmacia, e che poi lo avvicinò per raccontargli le proprie disavventure coniugali. Ibsen utilizzò il personaggio per il suo dramma, rifiutandosi di aiutare la Kieler che, respinta dal marito, finì in clinica psichiatrica. Il caso descritto da Ongaro è analogo e opposto: nella Versione spagnola è il personaggio reale a mettere in scacco lo scrittore, insinuandosi nelle sue pagine.
Originale nei contenuti, il romanzo di Ongaro (SuperCampiello 1998 con La partita) è un lavoro di eccellente professionalità, con un retrogusto dolente sulle conseguenze impensabili di atti che avevamo compiuto quasi per distrazione.