«Non è bene che l’uomo sia solo» (Gen 2,18): abbiamo già incontrato questo versetto, e già notato come molti saggi della Bibbia, seguendo le orme di Dio stesso, insistano sull’importanza della scelta del coniuge (generalmente espressa dal punto di vista dell’uomo, secondo la cultura del tempo) nella ricerca della felicità. Non fa eccezione Ben Sira, che promette: «Fortunato il marito di una brava moglie, il numero dei suoi giorni sarà doppio» (Sir 26,1). Non sorprende quindi vederlo fare l’elogio di una coppia ben assortita, ma perché questo dovrebbe raddoppiarne i giorni? Forse perché il benessere coniugale, alleviando lo stress, permette una vita più sana e quindi più lunga? Si tratta di una percezione psicologica, quella di una vita più piena? Oppure di una ricompensa data da Dio?
Niente di tutto ciò è impossibile, ma c’è una spiegazione ancora più semplice: una vita vissuta in autentica armonia raddoppia perché ciascuno vive anche della vita dell’altro, delle sue gioie come delle sue pene, vissute insieme, attraversate insieme. Lavorando a vivere in comunione, gli sposi non vivono la propria vita fianco a fianco, ma rendono ogni giorno la vita dell’altro più densa e più preziosa.
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