Vita contro letteratura? Gervasi indaga sull'idea di critica di Garboli
Gervasi già nel 2012 aveva pubblicato uno studio sul primo decennio di attività (1922-1934) di Giacomo Debenedetti. Dunque si è occupato di due critici il cui accostamento suggerisce un'affinità di metodo e stile, o meglio di uno stile inconfondibile che è di per sé un metodo così personale da essere inimitabile e poco traducibile in categorie e punti di vista reiterabili, riciclabili, applicabili a freddo fuori del loro contesto originario. C'è stata inoltre fra Debenedetti e Garboli qualche somiglianza di destino pubblico: entrambi estranei all'accademia, entrambi eccezionali prosatori, entrambi conversatori affascinanti, cosa ben visibile nel loro stesso modo di scrivere. In effetti nell'uno e nell'altro l'osmosi, la reciproca contaminazione fra vita e letteratura risultano costantemente in primo piano. Il movente primario della loro attività critica è stata l'indagine sul rapporto fra il carattere di un individuo e la creazione letteraria. A mettere in moto la passione interpretativa e narrativa dei due critici è stata l'invenzione di quella speciale forma letteraria adatta a chi l'ha scelta in precise circostanze biografiche. Garboli in particolare, nemico come era delle idee generali, si è concentrato ripetutamente su una serie di autori, leggendoli e rileggendoli ogni volta, interrogando e problematizzando il significato globale, il perché, il come, i precedenti e gli esiti del loro modo di vivere la letteratura.
È dunque qui in azione il critico sia come lettore che come scrittore, due figure e modalità che la teoria e la storiografia letteraria di tipo accademico tendono metodicamente a escludere. Il critico secondo Garboli analizza la storia della propria esperienza di lettore (soprattutto nei molti saggi su Molière e Pascoli) con l'integrazione della propria esperienza di amicizia con autori contemporanei prediletti: come Delfini, Longhi, Soldati, Penna, Natalia Ginzburg. Scrive Gervasi: «Garboli non decide di disertare la pagina per assumere punti di vista esterni alla letteratura, sociologici, antropologici, culturalisti. Afferma che la letteratura riguarda l'umanità in modo viscerale contro le mistificazioni che fanno della letteratura (della cultura) un dispositivo di occultamento».