Guardi a lungo, indugi a cercare e ancora cercare, spazientito e un po’ frustrato dal non trovare; imponendoti flemma in modo da infine cogliere quei minimi particolari presenti nel riquadro, e da scovare. “Aguzzare la vista”, così in modo imperativo è richiesto nel titolo di un passatempo da molti decenni proposto da La settimana enigmistica, quel giornalino settimanale che è caposaldo tra i nostri intrattenimenti eventuali. Il disegno è fitto, il più delle volte composito e molto intricato, un arabesco in cui stanno riuniti centinaia di particolari ulteriori, un mosaico dentro cui isolare singoli elementi è sforzo non solo visivo: comprende altre fatiche, dell’intelletto come dell’immaginazione. “Aguzzare la vista”: ovvero renderla tanto acuminata e penetrante da infine cogliere nel segno. Scrutare, riuscendo con lo sguardo a essere minuti, precisi. Nel quindicesimo canto dell’Inferno, Dante lo dice delle anime che vedendo arrivare lui e Virgilio, aguzzano la vista tra le nebbie. Per spiegare quel particolare sguardo, che presagisce e a tentoni si sforza di vedere senza ancora avere individuato, usa la metafora di un sarto che tenga gli occhi vicinissimi alla cruna di un ago così da riuscire a introdurvi il filo. Aguzzare gli occhi: occhi presaghi e proprio perciò specifici, così penetranti.
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