Violenze domestiche. Non siamo all'anno zero, ma dobbiamo dimostrarlo
L'attuale richiesta di apertura pratica prende origine dalla sentenza 2 marzo 2017 della Corte europea dei diritti dell'uomo, Talpis contro Italia, ric. n. 41237/14, che ci condanna per violazione degli articoli 2 (diritto alla vita), 3 (divieto di trattamenti degradanti) e 14 (divieto di discriminazione in ragione del sesso) della Cedu, a risarcire una donna di nazionalità rumena e moldava, residente in Italia, oggetto di gravi maltrattamenti familiari. Secondo la Corte, magistratura e polizia giudiziarianon avrebbero predisposto tempestivi accertamenti e adottato provvedimenti incisivi nei confronti del marito, già indagato per lesioni personali e maltrattamenti, e successivamente responsabile dell'omicidio del figlio e di gravi lesioni alla moglie. Particolarmente penalizzante per noi (ancorché oggetto di dissenso all'interno della Corte) è la condanna per violazione dell'art.14, avendo il giudice sovranazionale considerato che «sottovalutando, in forza della loro inerzia, la gravità delle violenze domestiche, le autorità italiane le avrebbero in sostanza tollerate»: frase pesante, come se la considerazione della donna nelle nostre istituzioni fosse quella di un secolo fa…
Al di là della vicenda processuale (nella quale non si ravvisano errori o mancanze giuridicamente rilevanti), la decisione della Corte rischia di costituire un grave precedente. Di qui l'importanza di una sollecita azione del Csm, il quale, oltre a precisare indicazioni date in passato (specializzazione dei magistrati su tali reati, formazione specifica di magistrati onorari e delle forze di polizia), potrebbe rilevare le migliori prassi seguite, come i protocolli operativi tra Procure e forze dell'ordine (penso in particolare a quello tra Procura di Roma e Nucleo investigativo dei Carabinieri), e dettare linee guida per la magistratura, al fine di allineare agli standard sovranazionali la risposta italiana alle violenze domestiche. Non siamo all'anno zero, dobbiamo saperlo dimostrare anche fuori d'Italia.