Vino, il bicchiere è mezzo pieno
Occorre quindi lavorare ancora proprio nella direzione della crescita dell'immagine del nostro prodotto all'estero, oltre che sui canali che possono veicolare le etichette in bottiglia e non solamente le botti. I segnali incoraggianti, d'altra parte, non mancano. Secondo quanto analizzato dal comitato di settore vitivinicolo di Fedagri-Confcooperative, per esempio, in Europa (che significa da sola il 56% del nostro export), la Germania è tornata a guardare con attenzione al nostro vino, al secondo posto è il Regno Unito, dove cresce la domanda di vini spumanti (+18%) e imbottigliati (+9% in volume) a fronte di un calo del 4% dei vini sfusi. Per quanto riguarda l'export verso i Paesi extra-Ue, ha fatto ancora notare Fedagri, è stata buona la crescita in volume (+6,6%), ma è stata importante la riduzione in termini di valore (-10,8%). In questo caso, l'obiettivo principale dei vini italiani resta gli Stati Uniti, nonostante la flessione della domanda registrata nel 2009 (-4% in volume e -10% in valore).
Ma cosa occorre fare? Secondo le cooperative «la leva fondamentale per il nostro export resta la promozione». Soprattutto tenendo conto che il mercato è ormai sempre più stretto tra una politica di riduzione dei prezzi e un crescente potere contrattuale della grande distribuzione organizzata. Valorizzare e promuovere i risultati del comparto vitivinicolo italiano, tuttavia potrebbe non bastare. Senza adeguate organizzazioni di vendita, senza accordi solidi con la distribuzione estera, senza intese altrettanto solide fra produttori, difficilmente sarà possibile far prevalere la vendita di vini imbottigliati rispetto a quella degli sfusi e, quindi, recuperare quel valore aggiunto che in questi mesi è stato perso.