Vino cooperativo, successo italiano e nel mondo. Ed ora punta alla Cina
Vino coop buono dunque e miliardario. Basta pensare che se le cantine cooperative sono 498, queste comunque riuniscono ben 148mila soci produttori, danno lavoro a novemila persone e soprattutto hanno un giro d'affari pari a 4,3 miliardi: il 40% del totale del fatturato vino nazionale. E non basta, perché ben 8 coop hanno fatturati superiori a 100 milioni di euro. Poi c'è tutto il mondo: il fatturato derivante dall'export cooperativo vitivinicolo è pari a 1,8 miliardi di euro (circa un terzo di tutto il vino italiano commercializzato all'estero).
Prima di questi risultati, come si è detto, ci sono ricerca e scienza applicate da decenni nell'ambito cooperativo. E che proprio in questo periodo stanno acquisendo ruoli maggiori. Una delle vendemmie tra le più scarse della storia, condizionata dai cambiamenti del clima e quindi da raccolte anticipate, alte temperature e maltempo, ha infatti messo di fronte i produttori alla necessità di accelerare nella creazione di nuovi vitigni in grado di resistere alle malattie e di portainnesti che consentano alle viti di resistere alla siccità e quindi allo stress idrico.
Numeri e tecniche importanti, quindi, che spalancano le porte a sfide altrettanto importanti. Come appunto quella con la Cina e quindi con la Francia che oggi è ancora molto avanti a noi in fatto di vendite nel mercato cinese. Anche qui però i numeri sono dalla nostra parte. Le vendite in Cina crescono con tassi a due cifre e le cooperative stanno mettendo a punto strategie di vendita che partono da una considerazione fatta proprio a Milano: «La Francia è partita molto prima di noi, è radicata nella mentalità del consumatore cinese di vino e ha effettuato negli anni notevoli investimenti in strategie commerciali. Noi dobbiamo arrivare a fare lo stesso, anche se l'Italia inizialmente non è stata forse all'altezza di un mercato nuovo e non facile da interpretare».