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Vincere in Asia e perdere in casa

Andrea Zaghi sabato 9 ottobre 2010
In Cina l'agroalimentare italiano miete successi; in Italia rischia di chiudere l'anno con un profondo rosso dei conti e dei redditi. È la sintetica fotografia dello stato di salute di una filiera " quella agroalimentare " che non si decide a trovare un assetto complessivo più competitivo e che, invece, appare sempre di più alle prese con spinte innovative da un lato e depressive dall'altro. Gli ultimi numeri, nazionali e internazionali, parlano chiaro.
Stando a quanto rilevato da Coldiretti " in occasione della visita del primo ministro cinese " il numero di bottiglie di vino italiano esportate in Cina è più che triplicato nel corso del 2010 facendo registrare un aumento record del 242%, «ma " fa rilevare l'organizzazione agricola " a crescere sulle tavole del gigante asiatico è l'intero agroalimentare italiano che complessivamente in un anno è quasi raddoppiato in valore (+86%)». Tutto bene, quindi, se non vi fossero almeno due problemi a risolvere. Primo di tutto i vincoli burocratici che spesso ostacolano le esportazioni alimentari. Poi la contropartita che la Cina ci offre abbondantemente: un flusso di prodotti pari a tre volte le nostre esportazioni. Tutto senza contare la questione dei «falsi» alimentari e delle garanzie di sicurezza igienico-sanitaria. Lasciando da parte i diversi casi di prodotti adulterati o fuori norma, tutti si ricordano l'esempio del concentrato di pomodoro per il quale si è registrato un aumento del 18% degli arrivi nel primo semestre 2010 (mentre per l'intero anno si stimano 100 milioni di chili).
Se tuttavia in Cina l'agroalimentare nostrano corre, in Italia deve fare i conti con una congiuntura ancora troppo difficile. Stando ai dati diffusi dalla Cia-Confederazione italiana agricoltori nell'ambito della sua quarta Conferenza economica, i consumi alimentari interni segnano il passo. La spesa alimentare sarebbe già diminuita del 3%. Mentre il 32% delle famiglie ormai compra solo «promozioni» che sono sempre più frequenti nel comparto agroalimentare. E i «discount», dove si spende di meno, sarebbero diventati una delle mete preferite dei consumatori. Andando più nel dettaglio, pare che il 41,4% delle famiglie italiane abbia ridotto gli acquisti di frutta e verdura, il 37% quelli di pane e il 38,5% quelli di carne bovina. Certo, tutto poi dipende dalla regione, dalla tipologia della famiglia, dal reddito, ma il dato di fondo è uno solo: sono stati stretti i cordoni delle borsa alimentare. Un' indicazione che, in qualche modo, si riflette anche sulle previsioni di chiusura dell'annata agricola 2010. Dopo un 2009 «fortemente negativo», quest' anno potrebbe terminare con una produzione e un valore aggiunto in netto calo, prezzi all'origine in frenata e costi in forte crescita. Il risultato sarebbe un taglio dei redditi agricoli pari al 6-7%. A salvarsi sarebbe solamente la bilancia dell'interscambio con l'estero che fa segnare una buona crescita delle vendite e un lieve rallentamento degli acquisti. E non solo per la Cina.