C’è una spezia che dà sapore alla vita in modo unico e particolare: lo sport. Che sia fatto per passione o professione, gusto o sfogo personale, poco importa. Lo sport si assapora sin da piccoli: il gusto di misurarsi, di competere anche per un semplice rubabandiera in cortile. È qualcosa che dà modo all’essere umano di misurarsi con gli altri e con sé stesso. Lo sport va oltre gli schemi, i ceti, le convenzioni. Crea un senso di appartenenza e di dipendenza “buona” rispetto a una serie di ingredienti utili alla vita: disciplina, rispetto per l’avversario, impegno e sacrificio. Negli scorsi giorni ho assistito, da lontano, a due eventi che mi hanno colpito: un derby di basket e una partita dei mondiali di calcio. Il derby di basket tra Pielle e Libertas, a Livorno (piazza negli anni 80 assoluta protagonista, la Libertas sfiorò addirittura uno scudetto) ha raggruppato oltre 7.000 persone in un palazzetto, balzando alle cronache nazionali. Ci sono fratelli e amici che passano l’intero anno a scherzare e provocarsi. Ma nel derby labronico neanche un incidente e, vi assicuro, la rivalità è forte. Poi ho acceso la tv mentre una nazionale di blasonati professionisti ne sbeffeggiava un’altra, a terra per aver perso. Campioni si nasce, non si diventa. Lo sport insegna una grande cosa: la sconfitta. Non c’è niente di meglio che crescere sapendo cosa vuol dire perdere una partita, non c’è nulla di più prezioso del saper gestire una sconfitta. È un bagaglio che serve ogni giorno della nostra vita. «Non perdo mai, o vinco o imparo», diceva Nelson Mandela. La vita è piena di ostacoli, errori e fallimenti. Si può anche decidere, nel momento rabbioso della sconfitta, di non guardare il bicchiere mezzo vuoto. Certo, siamo umani, ergo imperfetti. A nessuno piace perdere. Ecco cosa: quando si mette tutti noi stessi per arrivare a un obiettivo si vince sempre, perché tutto quello che si impara nel tragitto è qualcosa che ci porteremo dietro come consapevolezza personale.
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