Vietato licenziare in Italia. Una misura eccezionale, radicale e popolare, che era stata adottata nel nostro Paese solo in un'altra fase storica, nel periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale. Desta però impressione il fatto che - tra i Paesi più avanzati - solo l'Italia abbia vietato i licenziamenti individuali e collettivi nel pieno dell'emergenza economica da Covid-19. E che ad agosto abbia deciso di reiterare la misura, introducendo qualche deroga circoscritta. Come mai questo "unicum" italiano? Probabilmente perché il nostro Governo (come in molti altri casi) ha deciso di adottare una misura-bandiera, puntando sugli effetti politici della stessa più che sulle sue conseguenze pratiche. Negli ultimi mesi infatti l'adozione in molti Paesi Ocse – Italia compresa – di modelli di Cassa Integrazione Guadagni aperti a tutte le aziende e a costo zero ha fornito alle imprese la soluzione ideale per affrontare la crisi, perché trasferisce interamente allo Stato il costo del personale, a differenza del licenziamento che ha costi significativi in termini di procedure e di possibili ricorsi. Quanto successo in Francia e Gran Bretagna avvalora questa tesi, come ben argomenta Andrea Garnero su lavoce.info. In Francia non si è registrato alcun aumento dei licenziamenti tra febbraio e giugno rispetto allo stesso periodo del 2019. Mentre nel Regno Unito l'aumento dei licenziamenti nel 2020 rispetto agli stessi mesi degli anni precedenti è stato limitato. Il divieto di licenziare, dunque, è misura "comprensibile" sul piano politico perché rassicura gli italiani rispetto ad una delle loro più forti preoccupazioni, il rischio di perdere il lavoro. Ciò rappresenta un valore per una società italiana impaurita e indebolita da vent'anni di bassa crescita. Ma in concreto è difficile dimostrare che abbia prodotto particolari effetti a tutela dei lavoratori italiani. Di certo, invece, ha determinato conseguenze negative per le imprese. Confindustria, secondo cui il blocco «impedisce ristrutturazioni d'impresa, investimenti e di conseguenza nuova occupazione», ha denunciato invano l'effetto di «pietrificazione dell'intera economia allo stato del lockdown»: il disincentivo verso nuove assunzioni causato da forti rigidità sul versante dei licenziamenti - ritenuto nel nostro Paese un "dogma liberista" - è infatti una delle assunzioni di fondo della teoria macro-economica a livello internazionale. Nel momento in cui si moltiplicano i segnali di una robusta ripartenza, soprattutto nel settore manifatturiero, sarebbe opportuno ripensare questa misura. Perché terminata l'eccezionalità (almeno sul piano economico), deve terminare anche l'eccezione. Altrimenti per la business community globale diventerà ancora più difficile parlare italiano.
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