Il più famoso dei viaggiatori ebrei medievali fu uno spagnolo, Beniamino da Tudela, un dotto rabbino della città navarrese, all'epoca abitata per la metà da ebrei. Non sappiamo con sicurezza perché abbia intrapreso, nel 1165, il suo viaggio che attraverso Roma, la Grecia, la terra d'Israele, lo portò a Babilonia, in Persia e fin forse nella lontana Cina molto prima che vi arrivasse Marco Polo. Più che per commercio, è probabile che sia stato per amore della conoscenza o dell'avventura. Sappiamo che ci lasciò nel suo Itinerario una descrizione minuziosa e accurata dei paesi che attraversò, della grandezza delle città, delle comunità ebraiche che incontrava nel suo cammino. Di Roma ci disse che vi abitavano duecento famiglie di ebrei che vivevano in buoni rapporti con il papa. Ma nel lungo percorso che compiva Beniamino era anche attento a cogliere le tracce degli ebrei scomparsi, delle tribù perdute. E ne trovò ben quattro nelle montagne della Persia, discendenti della cattività degli assiri. Ce lo dice senza averle viste, sulla base dei racconti che se ne facevano: «Hanno città e grandi villaggi nelle montagne e il fiume Gozan ne segna da un lato i confini, e hanno un loro principe e non vivono sotto la legge dei gentili». Si consolidava così anche il mito di un regno indipendente degli ebrei.