«Il comandante informa che abbiamo iniziato la nostra discesa verso Tokyo. Vi invitiamo a indossare la cintura di sicurezza e chiudere il tavolinetto davanti a voi». Scorgo curioso il paesaggio dipinto nel finestrino ovale dell'aereo: un grande golfo di sole e gabbiani, grattacieli, una ruota panoramica. Man mano che i palazzi si fanno più grandi, scritte gentili ma incomprensibili. Atterrati. Fila ordinata per il controllo passaporti, per i taxi, per la metro. Tutti salutano come possono, spesso usando il linguaggio universale del sorriso. Mi perdo per un attimo e chiedo aiuto: una ragazza mi accompagna all'ingresso che cercavo, lontano dalla direzione che stava prendendo. Le file per entrare sul treno sono disegnate in obliquo sul marciapiede. Sorrido e penso: chissà cosa penserà un giapponese quando entra in una metro italiana! I miei giorni nella terra del Sol levante procedono veloci, mi tuffo vestito in un mondo fatto di regole che sembrano facili da rispettare, nel ramen saltato, in templi antichi e grattacieli in stile Blade runner. Nuoto dentro un viaggio unico e irripetibile, un viaggio che in un attimo cancella la versione del Marco precedente, come una applicazione qualsiasi. "La tua app deve essere aggiornata". Ci succede ogni giorno con il cellulare. Ecco, il mio aggiornamento porta un po' di cultura giapponese nel mio sistema operativo. Un briciolo, che spero possa essere un piccolo germoglio utile a migliorarmi. Viaggiare è un regalo che rimane dentro, che non si guasta o diventa obsoleto. È un vestito che non passa mai di moda. Ci insegna a resistere, ad accettare gli altri anche per quello che non potranno mai essere. Delinea i nostri limiti in modo naturale. Ha il potere di farci provare profondi sentimenti umani che vanno oltre frontiere e confini, tradizioni e culture. Ci insegna, anche in modo duro, che è stupido essere razzisti e pensare che un solo colore di pelle possa avere ragione. E che non siamo fatti per ammirare solo il tramonto dalla nostra camera, ma abbiamo dentro luoghi fantastici da vivere.