Via la parola a chi sta con Hamas? Forse, ma bisogna pensarci bene
Caro Avvenire,
Federico Rampini sul 'Corriere della Sera' parla della situazione nei maggiori atenei americani a proposito di quanto successo in Israele. La invito caldamente, da lettore di 'Avvenire” e da cattolico, a riprendere il tema e a estendere le valutazioni anche alla situazione italiana ed europea. Anche tra noi c'è gente che giustifica e gioisce per i massacri compiuti da Hamas.
Gentile professor Bressani Doldi, la sua sollecitudine nel commentare e consigliare dà a noi giornalisti della carta stampata la piacevole sensazione di essere ancora al centro dell'attenzione pubblica. Ma dobbiamo ammettere con realismo che non è così. I protagonisti di tv e nuovi media sono i veri riferimenti per la maggioranza dei fruitori dell'informazione. Riprendo comunque volentieri il suo spunto. C'è davvero chi approva pubblicamente le intollerabili azioni criminali dei terroristi di Hamas? Sì, una piccolissima minoranza. Dovremmo vietare a costoro di manifestare in piazza, come ha fatto il presidente francese Macron? Il dibattito nonnasce oggi. Nelmondo anglossassone, cui lei fa riferimento, ruota intorno al concetto di no-platforming, ovvero negare la possibilità di parlare in certi ambiti a coloro che sostengono posizioni incendiare o di odio. Ma è giusto in una liberal-democrazia togliere il diritto di parola e ridurre l'autonomia intellettuale delle persone? Si può sostenere che è meglio ribattere alle idee pericolose in un contesto di maggiore libertà di espressione che imporre il silenzio. Inoltre, chi decide quali visioni siano da bandire? In generale, sono i governi, ma questa delega può essere rischiosa, perché tra slogan inaccettabili può finire conculcata anche qualche protesta legittima. Vi sono però ragioni da prendere sul serio a favore della censura preventiva. Esse si basano sull'oggettiva constatazione che il diritto di tribuna in certi contesti crea di per sé elementi che vengono considerati credibili da molti. Per esempio, se a un convegno scientifico facciamo parlare un esponente radicalmente no-vax, diamo legittimità a un approccio infondato, che può creare danni. Lo stesso vale per chi critica Israele e lo mette quasi sullo stesso piano di Hamas? Molti studenti americani, e non solo loro, sembrano enfatizzare ciò che ha fatto in passato l'esercito di Tel Aviv e minimizzare l'attacco compiuto ora da Hamas. Tipico della cosiddetta cultura ivolce, che tende a “rettificare' la storia con i criteri attuali. Spesso, non sempre, è un grave errore di prospettiva. Dice Rampini: se questi sono i leader di domani, siamo messi male. Ancora una volta, non necessariamente. Al potere servono persone sensibili e di pace. Neppure deboli né accomodanti con chi vuole distruggere uno Stato per disprezzo della suapopolazione, ovviamente. Se, tuttavia, preferiamo senza alcun dubbio Israele ad Hamas, è anche perché Israele tollera il dissenso, mentre Hamas lo reprime con la violenza.