Venuta al mondo
La mia vita è iniziata a maggio. Mia madre viveva non lontano da Kiev. Tutto bene, rassicurava Irina, per sms, in Italia. Ma il nostro Paese era Bucha. Un giorno a marzo, di colpo, è scoppiato l'inferno. Nel buio del ventre il cuore di mia mamma accelerava fino a scoppiare. Poi, correvamo. Ed esplosioni, e spari. Io stavo bene attaccata, volevo vivere.
Sono venuta al mondo in uno scantinato, assistite, noi due, da una vicina con i capelli bianchi. Il mio vagito, nel respirare per la prima volta, era così acuto che per un attimo ha coperto tutto: bombe, cannoni, crolli. Più forte io della guerra.
Da là non c'era modo di comunicare con l'Italia. Irina tentava, ma niente, non c'era campo. E adesso suo marito era a combattere, e oltre ai due bambini c'ero io, nello scantinato, in una cuccia di coperte. Lei mi aveva fatto per darmi via. Ma io lo so, ogni volta che mi allatta, mi tiene più stretta. Poi mi addormento sul battito del suo cuore.
Contratto rescisso. Lei ora non mi darebbe via per nessuna cifra. È la mia mamma. Mi ha chiamato come sua madre, che è morta mentre io nascevo.