Capita ogni tanto che la tv si occupi delle isole-carcere. È un tema interessante. Da una parte perché le isole rimandano alle bellezze naturali e all'immaginario collettivo, dall'altra perché come luoghi di relegazione fanno parte della nostra storia. Stando ad alcuni scrittori, nessun uomo è un'isola. Ed è vero. Ognuno di noi è una componente integrante dell'umanità. Eppure, poco altro ha il fascino di un'isola. Alexandre Dumas, ad esempio, a Montecristo non c'ha messo piede, però c'ha fatto sbarcare uno dei suoi personaggi più noti, Edmond Dantès, ma non solo: grazie alle indicazioni dell'Abate Faria gli ha fatto trovare anche un tesoro. Ed era appunto un'isola-carcere, come altre nell'Arcipelago toscano: da Pianosa a Capraia. Adesso è rimasta solo la Gorgona in regime di detenzione attenuata e il carcere a Porto Azzurro all'Elba. Ma l'isola simbolo del confino si trova nell'Arcipelago ponziano ed è Ventotene, che durante il fascismo fu utilizzata per relegare antifascisti e persone sgradite al regime. Sull'attiguo scoglio di Santo Stefano, dove sorge il carcere di origine borbonica, vi furono confinati tra gli altri Sandro Pertini, Luigi Longo e Umberto Terracini, ma anche Altiero Spinelli, Eugenio Colorni ed Ernesto Rossi, che nella primavera del 1941 scrissero l'importante documento Per un'Europa libera e unita, diventato famoso come “Manifesto di Ventotene”. All'isola è stata dedicata venerdì sera su Rai Storia una puntata di Storie contemporanee dal titolo L'Italia al confino, condotta da Michela Ponzani e Marco Mondini che, oltre a ripercorrere la storia di Ventotene, hanno raccontato del lavoro del Centro di ricerca e documentazione sul confino politico, che ha sede sull'isola, è diretto da Anthony Santilli e si occupa di ricerche storiche sui regimi punitivi.