Vecchiaia e superstiti, rischio di indebito
Un recente messaggio dell'Istituto (n. 2171 del 4 giugno e non pubblicato sul sito dell'ente) descrive l'intreccio dei redditi che si presenta in una situazione alquanto diffusa fra i pensionati coniugati. Quando cioè uno dei coniugi ha una pensione (di vecchiaia o di riversibilità) e successivamente nella famiglia "entra" una seconda pensione derivante da cessazione da lavoro dipendente oppure dal decesso del coniuge. Caso tipico è quello della moglie pensionata di vecchiaia di importo minimo (quindi i redditi sono valutati per il diritto al trattamento minimo) che riceve anche una pensione di riversibilità per il decesso del marito (tutti i redditi vengono considerati nel loro complesso a partire dal tempo della doppia titolarità di pensione). Ma l'esempio vale anche per la situazione inversa tra i due coniugi.
Lo stesso Inps ammette che le sue procedure informatiche non sono in grado di valutare nel reddito complessivo quale sia la quota da riferire alla cessazione del lavoro e che incide sul calcolo delle rate mensili.
Di conseguenza per ognuno di questi casi è necessario l'intervento diretto di un funzionario. Per entrare nel dettaglio (e qui ci si rende conto della necessità di semplificare le norme) il funzionario deve individuare il reddito da lavoro dipendente dell'anno anteriore al pensionamento, poi il reddito della seconda pensione ma riferito all'anno in corso e fra i due importi deve trascurare quello minore.
Dal momento che vengono rivisti i calcoli delle due pensioni alla luce del reddito di importo maggiore non è escluso che l'interessato debba restituire ora alcune somme all'Inps. Tanto più che in queste verifiche sono coinvolte le pensioni in bititolarità a partire dal 2016 in avanti.
Opportunamente l'Inps precisa che non vengono considerate le prestazioni di accompagnamento alla pensione (come l'ape sociale, gli assegni straordinari, gli assegni per esodo ecc.) stante la loro natura non pensionistica.