Valeria e la plastica
A un certo punto la macchina si ingrippa. Scambio di battute: «Che fa? S'è ripijata?». «Macché! Avrà magnato troppo». Si tengono romanamente allegri mentre stanno in coda.
Da milanese viziata inorridisco. Metto fuori il sacco la domenica notte e il lunedì alle 8 non c'è più. Per la rumenta in eccesso - qui la chiamiamo così - esistono efficientissime riciclerie.
Mezz'ora che parliamo: Valeria sta sempre in fila, e io non ci posso credere.
Lasciamo perdere il fruttuoso traffico di rifiuti, i camion pieni di monnezza che scorrazzano su e giù per il Paese, le Terre dei fuochi sparse dappertutto, i capannoni abbandonati che diventano discariche abusive, le emissioni, della CO2, le diossine, i soldi pubblici spesi in bonifiche, gli inceneritori e i termovalorizzatori che mancano, la criminalità che ne ha fatto un colossale business. Lasciamo stare per un momento tutto questo.
Voglio tenere lo sguardo su Valeria e su tutte quelle valorose e valorosi che in un bel sabato di sole si mettono in fila davanti alla macchinetta magnaplastica. Avanguardia di eroi.