Uomo e donna, la ricerca della complementarietà
Gli uomini sono diventati sempre più incerti di sé, confusi e disorientati rispetto al loro valore specifico: molti di loro, sovrastati dalla sicurezza e talvolta dall'atteggiamento svalutante delle loro compagne, cercano di ritrovare il proprio ruolo attraverso atteggiamenti di prepotenza, o al contrario si sottraggono al confronto con atteggiamenti rinunciatari di fragilità e di impotenza.
Anche nel campo dei rapporti affettivi e sessuali, in cui continuano a desiderarsi e a cercarsi, le aspettative reciproche dell'uomo e della donna vanno sempre più spesso deluse perché entrambi conoscono in realtà ancora molto poco la loro profonda differenza in questo campo e non riescono a farne tesoro; non sappiamo davvero cosa possiamo aspettarci l'uno dall'altra, e come possiamo far nascere relazioni costruttive che tengano conto delle nostre diverse caratteristiche.
Eppure, i due sessi definiscono se stessi solo nella reciprocità: una donna conosce pienamente se stessa attraverso lo sguardo dell'uomo, così come l'uomo si conosce pienamente nel confronto con la donna. Maschile e femminile, ciascuno completo in sé stesso, completano l'umano solo insieme. Parlare di complementarietà non significa affermare l'incompletezza dell'uno o dell'altro sesso: la complementarietà infatti non riguarda tanto il livello delle "funzioni" o dei "ruoli", e nemmeno quello delle caratteristiche di personalità, come se esistessero personalità in se stesse maschili o femminili; questi aspetti sono fortemente legati a dati culturali che variano molto nelle diverse epoche storiche e dipendono dal luogo di nascita e di appartenenza. La complementarietà si pone invece in una dimensione ontologica, nella quale maschio e femmina, nella loro natura originariamente sessuata, sono irriducibili l'uno all'altra e hanno bisogno l'uno dell'altra per "generare" e per "fecondarsi" a vicenda, sia sul piano biologico che sul piano simbolico.
La comprensione del significato profondo della complementarietà e del suo valore non è dunque una cosa così semplice e scontata, ma è piuttosto il frutto di un percorso non ovvio di consapevolezza; è un prodotto che può nascere solo come conseguenza della assunzione piena del proprio sesso, con i "doni" specifici che lo caratterizzano. Questo conoscere e accogliere se stessi nella propria specificità può aprire la strada alla conoscenza e all'accoglienza dell'altro-differente, e insieme ci conduce anche ad intuire e accettare un'altra realtà: proprio a causa della profondità della differenza, l'uomo e la donna non arrivano forse mai a capirsi fino in fondo. La questione vera però non è quella di "capirsi"; la questione vera è piuttosto quella di accogliere l'altro sapendolo irriducibilmente diverso e dare credito e legittimità a questa differenza, che può suscitare domande nuove, capaci di allargare il nostro orizzonte e di offrirci nuove prospettive.
Per arrivare ad apprezzare la complementarietà dobbiamo tornare a dire che maschile e femminile sono i due modi diversi in cui si declina la nostra comune umanità. L'uomo e la donna possono finalmente imparare a guardarsi l'un l'altra come un vero dono: la loro differenza potrà allora dare davvero i suoi frutti.