Uno «choc» fiscale per il lavoro femminile
In parallelo alla Decontribuzione, la stessa legge riprende un vecchio sgravio del 50%, varato nel 2012 per favorire l'occupazione di donne rientranti in determinate categorie svantaggiate. Le assunzioni di queste lavoratrici nel 2021 e nel 2022 sono favorite con un maggiore esonero del 100% del contributo Inps a carico del datore di lavoro, entro il limite di 6.000 euro l'anno per lavoratrice. Ne beneficiano, indipendentemente dalla località di residenza, le donne a) disoccupate da oltre 12 mesi e con almeno 50 anni di età, b) prive di impiego regolarmente retribuito da almeno 24 mesi, c) prive d'impiego da almeno 6 mesi se sono residenti in Regioni ammesse ai fondi europei oppure con un alto tasso di disparità uomo-donna. Il tutto deve fare i conti con la normativa europea per gli aiuti di Stato, che limita gli aiuti a 1.800.000 euro per impresa ed esclude le imprese già in difficoltà al 31 dicembre 2019.
Tuttavia la finalità del bonus appare sminuita da queste ed altre condizioni per la sua applicazione e che, in realtà, restringono le opportunità di lavoro per le donne "svantaggiate" anziché aumentarne le potenzialità, tenendo conto, inoltre, che si tratta di donne disoccupate già prima del Covid. Il provvedimento di sgravio si sostanzia come un intervento di difesa dalla disoccupazione più che una robusta spinta all'occupazione femminile. Necessaria sarebbe invece una misura "choc" come, ad esempio, prevedere per un arco di tempo di pochi mesi assunzioni femminili senza paletti o limitazioni, in particolari settori dell'economia o di zone regionali da sviluppare, accompagnate da una esenzione totale dalla contribuzione obbligatoria Inps e sostituita da una pari contribuzione figurativa per la pensione.