Prosegue imperterrita la mattanza di un'intera classe politica, democristiana ma non solo. L'esecutore è Marco Bellocchio, invitato ad aprire il Festival di Cannes con la serie tv «Esterno notte», dopo che sul caso Moro aveva già girato «Buongiorno notte». Lo recensiscono sul "Corriere" (18/5) Paolo Mereghetti e sulla "Repubblica" (18/5) Alberto Crespi. Sempre sul Corriere", ma il giorno prima (17/5), Valerio Cappelli aveva avvertito: «Andreotti perfido» e «polemiche in vista». Sul "Giornale" (17/5) Stefano Giani accenna a qualche dettaglio: «Il divo Giulio cede alle convulsioni dopo la notizia dell'agguato di via Fani», «Il cinico Giulio Andreotti, ritratto del male assoluto», «Il gelido Benigno Zaccagnini» e perfino, cambiando sponda, «Il freddo e negativo Enrico Berlinguer». La danza delle polemiche viene inaspettatamente aperta da un Andreotti in persona, il figlio terzogenito Stefano intervistato sul "Corriere" (19/5) da Massimo Franco. Perché, chiede il giornalista, di fronte alle tante immagini feroci di Giulio Andreotti proposte in passato dal cinema avevate taciuto? «Era vivo mio padre. E mio padre non aveva bisogno di difensori (...). Non ha mai reagito, mai querelato, e noi per rispetto nei suoi confronti lo abbiamo assecondato, pur non essendo sempre d'accordo». La cosa più intollerabile, si sfoga Stefano, «è che dipingano mio padre come se fosse responsabile dell'assassinio di Aldo Moro, insensibile ai tentativi di salvarlo. Di più, quasi d'ostacolo alle trattative. Questa è una profonda falsità politica e ingiustizia storica». La morale della vicenda apre l'intervista: «Ho visto che il regista Marco Bellocchio si è pentito dopo cinquant'anni di essere stato tra i firmatari del documento famigerato contro il commissario Calabresi: proprio adesso che ci vuole fare un film. Poi parlano di cinismo di Andreotti...».