«Una polizia forte con armi stordenti» Troppi rischi. Ma i diritti vanno difesi
nel 2009. La ricerca psicologica ci dice tuttavia che non è solo la personalità degli agenti selezionati che ne influenza il comportamento. Pesano molto il contesto e gli atteggiamenti dei superiori, oltre agli ordini, ovviamente. Ecco perché, caro Grosso, mi pare pericolosa la postura “aggressiva” che lei suggerisce, e che oggi un numero crescente di nostri amministratori e concittadini dichiara apertamente di condividere. I presunti attacchi non sono dunque in odio alle forze dell’ordine in quanto tali (cui va in genere la nostra gratitudine) ma, almeno nella maggioranza, a un certo approccio repressivo il quale nasce proprio dall’idea che un interesse collettivo prevalga sulle istanze individuali e vada affermato con mezzi coercitivi. Prendiamo le vicende che stanno coinvolgendo in queste ore alcune università. Per tradizione, polizia e carabinieri non entrano negli atenei, a tutela della completa libertà di espressione e pensiero che dovrebbe essere tipica della cultura accademica. Ma che fare quando qualche gruppo trasforma la protesta in censura di ospiti “sgraditi” o tenta di forzare le scelte degli organismi decisionali? Dovremmo chiedere l’intervento di uomini armati di taser? Sarebbe una deriva non auspicabile, a mio parere. Un modo sicuro di alimentare la tensione, e anche la violenza. Tuttavia, non possiamo dimenticare che «l’ordinata e civile convivenza» è fatta di rispetto per le opinioni diverse dalle nostre e che chi si sottrae a questa regola non può mai dettare con un picchetto la propria intolleranza. Entrano qui in gioco la capacità dei responsabili dell’ordine pubblico di distinguere “chiassate” da violazioni dei diritti e la saggezza dei professionisti in divisa nell’uso minimo della forza proporzionato alle esigenze del momento. Uno Stato di polizia è ciò che sicuramente non vogliamo. Sarebbe, però, un’ingannevole utopia uno Stato senza polizia. © riproduzione riservata