Il punto sulle fake news (con qualche sorpresa)
In Italia, nel 2017, si è così tanto parlato di «fake news« da averci fatto passare la voglia di leggerne.
Eppure il tema merita una messa a punto. Dal Primo gennaio in Germania è infatti entrata in vigore la prima legge al mondo contro i post offensivi, le fake news e l'odio online. Costringe i social network con più di due milioni di iscritti a cancellare i contenuti diffamatori presenti al loro interno, pena sanzioni che possono raggiungere anche i 50 milioni di euro.
Penserete: vista la quantità di odio online, nel primo mese saranno arrivate migliaia e migliaia di denunce. Secondo un'inchiesta di Deutschlandfunk «nel primo mese, l'Ufficio federale di giustizia che controlla la legge ha ricevuto 98 reclami». Poco più di due a testa per ognuno dei 40 impiegati assunti dall'ufficio a causa della legge NetzDG.
Anche la Francia sta lavorando alla sua legge contro le fake news. Annunciata il 4 gennaio scorso dal presidente Macron è stata anticipata in qualche dettaglio dalla ministra della Cultura, Francoise Nyssen. Già il nome è tutto un programma: «Legge sulla fiducia e l'affidabilità dell'informazione». Nel mirino non ci sono solo i social ma anche «i media sotto influenza di uno Stato straniero». Cioè? Nessuno dovrà disturbare la campagna elettorale come invece hanno fatto nelle ultime presidenziali alcuni media russi, autori di «scoop» sulla vita privata del candidato presidente poi eletto. Ogni cittadino «potrà rivolgersi a un giudice per fermare «la diffusione massiccia e artificiale di un'informazione falsa».
Ci sarà da divertirsi (e da preoccuparsi). Tanto più che «in Francia esiste già una legge (del 1881) che prevede una multa salatissima per la diffusione di notizie false. La legge francese «antifake news» sarà promulgata entro maggio. E varrà «solo nei periodi di campagna elettorale, fino a massimo cinque settimane prima dello scrutinio». Ma c'è chi pensa di estenderla in un secondo tempo anche «al settore della salute pubblica, in particolare, relativamente alle bufale sui vaccini».
Come a dire: noi politici combattiamo i falsi, ma solo quelli che ci danno fastidio.
E in Italia? Dal 18 gennaio è attivo il nuovo servizio dalla Polizia postale che ha lanciato il progetto "Red button". Dal sito internet www.commissariatodips.it «il cittadino è in grado di comunicare alla Polizia l'esistenza di contenuti assimilabili a fake news [...] Qualora venga individuata con esattezza una fake news, sul sito del Commissariato di ps online e sui canali social istituzionali verrà pubblicata una puntuale smentita». Di più la polizia non fa. E con questo ha messo tranquilli coloro che urlavano alla censura di Stato. Dal primo febbraio sul sito italiano anti fake news ne abbiamo trovate cinque. Tutte di modesta pericolosità.
Un risultato che sembra dare ragione a un lavoro dell'Istituto Reuters per lo studio del giornalismo e dell'Università di Oxford che sostiene «che nessuno dei 20 siti italiani presi in esame perché identificati come produttori di fake news raggiunge oltre il 3,1% della popolazione italiana online, cioè un milione di persone al mese».
In pratica: le fake news esistono ma sarebbero marginali.
Tanto rumore per nulla? Probabilmente no. A patto di avere il coraggio di monitorare sul tema anche ciò che fanno le testate considerate serie e i profili social dei politici e dei partiti.
Il tema del falso è vasto quanto davvero pericoloso. Mentre tutti discutevamo di fake news si è scoperto che «oltre 145 milioni di utenti web sono stati ingannati da pubblicità false pubblicate sui maggiori siti web statunitensi, ma non solo».
Anche per questo il tema del falso nel mondo digitale va tenuto sotto controllo. A patto di non farlo con emotività e solo per colpire gli avversari e magari approfittarne per silenziare qualche voce contraria.