Una lezione su media e società: non sprecare i fatti di cronaca
Mi intriga molto il monito a non sprecare i fatti di cronaca. Specie se lo riporto all'ambiente digitale, che effettivamente appare spesso piuttosto "sprecone". Il vescovo Zuppi vede infatti in tale spreco un segno dei tempi e una delle cause della nostra complessiva indifferenza, mentre si augura l'opposto: che le emozioni suscitate portino «a decisioni e quindi a impegni» che «cambiano davvero le cose». C'è dentro tutto un programma, sia per chi trova le notizie, sia per chi le seleziona e le pubblica, sia per chi le legge, e sappiamo che sempre più, in Rete, si tratta della stessa persona.
Lo spreco è allora quello dei like e degli emoticon dati senza leggere, delle condivisioni fatte senza verificare, dei commenti postati andando deliberatamente fuori tema. Cioè di emozioni dimenticabili, che rimangono fini a se stesse. Il non spreco è quando il "cosa posso farci?" si emancipa dalla condizione di domanda retorica per mettere in moto un operare concreto e solidale. Non per caso monsignor Zuppi ne trova il modello nel Vangelo: «pieno di fatti di cronaca» che hanno portato al cambiamento, «divenendo storia».