una gioia austera
certo non indolore, ma per una nuova serenità e lievità dello spirito. E' per questo che Gesù ama parlare del regno di Dio sotto immagini festose e nuziali e, come ci ricorda Dostoevskij nel brano sopra citato, il suo primo miracolo l'ha compiuto per impedire che una festa nuziale fosse turbata. Il cristianesimo è esigente ma non funereo, è impegnativo ma non masochistico. Una fede genuina fa assaporare il gusto della vera gioia. Un gusto che spesso è scimmiottato dal mero godimento, dall'allegria artificiosa e becera, dal piacere fisico, ma che da queste realtà è del tutto differente. La vera gioia, infatti, si irradia dall'anima, nasce da un amore autentico, ha bisogno di una coscienza in pace, ha radici interiori e non ha necessità del baccano esteriore. È per questo che può coesistere con l'austerità quaresimale. Anzi, già un antico maestro pagano, caro per altro alla tradizione cristiana, come Seneca non esitava a scrivere all'amico Lucilio: «La vera gioia è res severa», è una realtà seria e austera. Ritroviamo, allora, la bellezza di questa «splendida scintilla divina», come la chiamava Schiller nel suo celebre Inno alla gioia.