Una frase che non diventa virale ma che può far bene leggere
Con l'avvicinarsi dei riposi estivi molti, anche in una prospettiva di spiritualità cristiana e non solo di ecologia della mente, sui loro blog e sui loro profili social propongono e si propongono una frequentazione ridotta, se non addirittura nulla, della Rete. Hanno le loro buone ragioni. E tuttavia, a computer spento, non avrei potuto godere dell'improvvisa serenità che mi invade grazie a questa idea: che un gesto di amore per il prossimo può aggiungere agli oggetti di cui ci serviamo per compierlo una sacralità ben più profonda di qualsiasi azione rituale. Certo, avrei potuto leggere questa frase in un libro, se l'avessi scelto bene. Avrei potuto sentirmela dire da un vicino di ombrellone, da un cameriere in pizzeria o da un provvisorio compagno di strada su un sentiero di montagna, se avessimo avuto abbastanza tempo per riconoscerci come battezzati. Invece mi ha raggiunto tramite la Rete, e con un po' di fatica ritrovo anche il profilo Facebook su cui l'ho letta: è quello di Ottavio Cembalo, che ne ha ricavato quindici like (compreso il mio) e un love. Per una volta, nulla di virale. Piuttosto, qualcosa di salutare.