Un «Te Deum» dopo la battaglia: il grazie di re Giorgio firmato Händel
Il maestro sassone " che nel 1726 aveva ricevuto la cittadinanza inglese " era reduce dal successo della prima londinese dell'oratorio Messiah e in pochi giorni diede vita a un'opera di ampie dimensioni e grande sfarzo sonoro, caratterizzata da un piglio marziale e da uno spirito fortemente celebrativo; le stesse connotazioni stilistiche principali che sono rimaste intatte nell'adattamento approntato quasi un secolo dopo da Felix Mendelssohn, che aggiunse le parti di flauto, clarinetto e corno senza peraltro alterare la struttura originale del lavoro, che con il testo in lingua tedesca venne intitolato Dettinger Te Deum.
È questa la versione registrata dal direttore Nicholas McGegan a capo del Norddeutschen Rundfunk Chor di Amburgo e della FestspielOrchester di Gottinga (cd pubblicato da Carus e distribuito da Jupiter), in un'interpretazione di grande trasporto ed energia che appare convincente sin dalle battute iniziali del primo movimento («Noi ti lodiamo, Dio»), a partire dall'introduzione strumentale a mo' di fanfara (con squilli di trombe e rulli di timpani) e dal successivo episodio contrappuntistico in cui si sovrappongono gli interventi ravvicinati delle diverse sezioni orchestrali e corali; una lettura che acquista ulteriore spessore dinnanzi alle sfumature maggiormente riflessive delle splendide sezioni intermedie («A te cantano gli angeli», «Tu siedi alla destra di Dio» e «Degnati, o Signore, di custodirci»), dove emerge con chiara evidenza il carattere più lirico della composizione, insieme con l'aura di solenne e maestosa devozione di cui Händel ha voluto rivestire l'inno di ringraziamento per eccellenza.