Un tiglio per ricordare il musicista di strada
Emigrato per ragioni economiche dalla Romania rurale, Emilian abitava in una baracca. Più volte sgomberato, si manteneva come aveva imparato in gioventù: negli anni di Ceausescu suonava nei ristoranti. «A ottobre 2016 – racconta Stefano Perrone, altro dei papà della scuola – iniziò a chiedere aiuto perché preoccupato per la salute». Erano i sintomi di un brutto tumore, che lo avrebbe stroncato nove mesi più tardi. Un periodo reso un po' meno duro dalle amicizie costruite attorno alla musica e ai sorrisi. Perrone, che è medico, ricorda con amarezza i rifiuti ricevuti: sembrava che Emilian non potesse essere curato. «Però – continua – era scattato il passaparola nel quartiere, la rete solidale si allargava». Così, si riesce a fare gli esami, si tenta la chemioterapia con un signore che ogni mattina lo accompagna in ospedale. Arrivano quindi gli sforzi per non farlo morire in strada. Con l'aggravarsi del tumore, diversi sono i centri che ospitano Emilian, fino all'hospice dove si spegnerà. Non nel lusso, ma con dignità. E nel ricordo che resta vivo.