Ormai si realizzano presepi con ogni materiale. Metallici, scavati nelle noci, fatti di fiammiferi. Sul web spopola una Santa Famiglia di mascherine chirurgiche con gli elastici, che normalmente si fissano alle orecchie, trasformati in aureole. Non so se mi piace, certo fa pensare. E ha sicuramente il merito di ricordarci che la natività non è una fiaba romantica, ma il racconto di una storia vera, drammatica, la più sconvolgente e straordinaria mai accaduta. Altro che carillon e canzoncine commoventi! Il presepe testimonia il primo capitolo di una rivoluzione che cerca casa nel cuore dell'uomo, è il cielo che si abbassa, è l'invito a non avere più paura della nostra vita. Perché dietro le statuine ci sono persone felici o travagliate, lavori precari e botteghe ben avviate, povertà e speranza. A quel tempo come adesso, dentro i nostri giorni segnati dalla malattia, da turni massacranti in ospedale, da una fragilità che non conoscevamo. Eppure la luce non manca mai, in fondo ma anche dentro al tunnel, nel buio della solitudine, della rabbia, della nostalgia. E se oggi salutiamo una vita nuova indossando la mascherina, è solo per poterla togliere prima che si può. Così da tornare a incontrarci viso a viso, cuore a cuore, mano nella mano.