Le reazioni ottenute dal post che Giovanni Scifoni ha scritto ieri sulla sua pagina Facebook (
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bit.ly/3g82yte ) sono salite in poche ore a 12mila: cinque volte più numerose delle visualizzazioni ottenute dal video di cui egli, in quel post, parla e al quale ha prestato la voce. Ma la storia raccontata nel post, dal personalissimo punto di vista di un nipote, e nel video su YouTube (
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bit.ly/3ILoOFY ), che ha invece il passo del docufilm, è la stessa: da annoverare tra i tanti, preziosi contributi digitali (ma non saranno mai abbastanza!) alla celebrazione del Giorno della memoria delle vittime della Shoah. Il video è parte del progetto di Paolo Masini e Fabrizio Fantera “Il Civico Giusto” (
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bit.ly/3G1ssJL ), nato a Roma con l'obiettivo di «“segnare e riconoscere” in maniera tangibile quelle case che, grazie al coraggio degli abitanti, sono state il sicuro rifugio di chi veniva braccato dai nazifascisti». Quarta delle case romane “segnate”: quella di via Olona 7, dove la famiglia Trella, nei giorni dei rastrellamenti nazisti dell'ottobre 1943, si offrì di nascondere i tre bambini della famiglia ebrea Supino, fino ad allora vicini di casa e compagni di giochi dei loro figli. Il video riesce bene – tra foto d'epoca, testimonianze, ricostruzioni filmate – a restituire l'incrocio vivo tra la “Storia” e le storie, quando l'occupazione nazista di Roma rappresentò «la fase più buia della guerra». Spicca, nello stesso video e ancor più nel post di Scifoni, il profilo severo di Amalia Trella, che insieme al marito Serafino verrà riconosciuta nel 2011, alla memoria, “giusta tra le Nazioni”, e che di Scifoni era la nonna. Soprattutto quando un ufficiale nazista bussò alla porta e la signora Amalia, «fredda e impassibile», lo dirotta su un appartamento disabitato. «Non ricordo di aver mai ricevuto un bacio né una carezza da nonna Amalia», scrive l'attore, «ma non c'è bisogno di essere persone simpatiche per sapere qual è la cosa giusta da fare».