l’annuncio della salvezza può arrivare anche da chi sta “ai margini”, anzi è proprio nelle periferie esistenziali che la vita divina si fa più presente e il messaggio di Cristo acquista più corpo e carne. Oggi la liturgia ci aiuta a riflettere su questa dinamica della fede proponendoci la storia dei santi Proto e Giacinto, che pur appartenendo a un ceto umile ed emarginato divennero segni di conversione per i “potenti” del loro tempo. Secondo il racconto sulla loro vita – a tratti leggendario – Proto e Giacinto erano schiavi, forse fratelli, eunuchi, al servizio della figlia di un nobile romano prefetto di Alessandria d’Egitto, Eugenia, che grazie a loro si convertì al cristianesimo. Quando vennero ceduti dalla padrona alla nobile Bassilla, anche quest’ultima scelse il Vangelo grazie alla loro testimonianza. Tanto bastò perché essi venissero denunciati dal fidanzato della donna. Catturati e condannati, furono martirizzati a Roma. Vennero quindi sepolti uno accanto all’altro nel cimitero di Bassilla (poi di Sant’Ermete) in un cubicolo che venne alla luce nel 1845 e che papa Damaso, nel quarto secolo, fece ripulire, apponendovi una lapide che ricordava come i due martiri fossero fratelli.
Altri santi. Sant’Elia Speleota, abate (863-960); san Giovanni Gabriele Perboyre, sacerdote vincenziano e martire (1802-1840).
Letture. Romano. 1Cor 7,25-31; Sal 44; Lc 6,20-26.
Ambrosiano. 1Pt 3,18-22; Sal 83 (84); Lc 17,7-10.
Bizantino. Ef 3,8-21; Gv 12,19-36.
t.me/santoavvenire
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