Sino a dove parole e fotografie riescono a dialogare, a reciprocamente commentarsi? Bellissimi esempi: John Berger, scrittore il quale ha reso il guardare tema cardine del suo lavoro, insieme al fotografo Jean Mohr ha dato vita a un racconto per immagini magnifico. L’uno con la prosa, l’altro con i ritratti fotografici, insieme sono stati i narratori della vita di un medico di campagna, John Sassall, del suo esercitare la professione in una romita contea inglese. Le immagini scattate da Jean Mohr possiedono la luce e l’ombra di un romanzo. Dicono l’affidarsi dei pazienti e la meticolosa attenzione del dottore, il mutuo ascoltarsi e osservarsi che è di un rapporto terapeutico, di cura. I tormenti e gli interrogativi continui di cui è costellata la relazione tra chi tenta di guarire, e chi viene preso in carico. In una delle fotografie di Mohr c’è l’ansa di un fiume, l’incresparsi dell’acqua solcata dalla prua di una piccola imbarcazione. «Curva nel fiume che spesso ricorda al dottore il suo fallimento», il commento di John Berger. Il tormento dell’empatia, questo anche il connubio di foto e di parole sa trasmettere; ed è proprio quel connubio a parlarci in profondità, come ciascuno dei due linguaggi, da solo, probabilmente non sarebbe mai arrivato a fare.
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