Un libro della sociologa Oriana Binik si intitola Quando il crimine è sublime - La fascinazione per la violenza nella società contemporanea. Nelle considerazioni rientrano anche alcuni programmi tv. In effetti la televisione nel crimine ci sguazza, soprattutto nei gialli irrisolti o nei casi che anche dopo un processo lasciano forti dubbi. Tra chi si occupa in modo esplicito di processi da quasi 35 anni c'è Un giorno in pretura (Rai 3), condotto da Roberta Petrelluzzi, ripreso sabato scorso dopo la mezzanotte con la puntata numero 590, ovvero la prima di due parti dedicate al processo per l'uccisione della studentessa Marta Russo, 25 anni fa, il 9 maggio 1997, nel cortile dell'Università La Sapienza, a Roma, per cui furono condannati Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro. Il programma, in questo caso, sta riproponendo passaggi del processo che lasciano molti dubbi sull'esito finale, anche per una serie di testimonianze contraddittorie. La conduttrice parla di passione, partecipazione, scontro e dubbio anche dopo 25 anni, annunciando di essere sicura che dopo la seconda parte (sabato prossimo sempre a tarda ora, ma recuperabile su RaiPlay) «ognuno sarà in grado di farsi un'opinione». Ed è qui che si crea l'equivoco, perché Un giorno in pretura può anche essere interessante, soprattutto per capire come funzionano i processi, che sono roba lunga, noiosa e complessa, ma attenzione a farlo passare per programma obiettivo perché non lo è, non fosse altro per il condizionamento che provoca la presenza delle telecamere durante il dibattimento, ma soprattutto per il successivo montaggio che seleziona tra centinaia di ore alcuni minuti o che “commenta” le parole dei testimoni con le inquadrature dei presenti. È lì che la tv esprime il suo giudizio di innocenza o di colpevolezza.