L’ Inps ha programmato un aumento extra da liquidare a molti pensionati al minimo, come stabilito dalla legge di Bilancio n.197 del 2022, per contrastare l’inflazione e la perdita di acquisto dei redditi. Si tratta di un “incremento” (così è indicato nella legge) sugli assegni in pagamento nel 2023 e nel 2024, da applicare sui trattamenti minimi e diverso secondo l’età del titolare, se meno o più di 75 anni. Il calcolo dell’Istituto di previdenza segue i criteri indicati dalla legge, alquanto complessi per i non addetti. In sostanza, su tutte le rate del 2023 e del 2024, sotto i 75 anni di età la pensione aumenta da 563,74 a 572,20 euro, mentre per gli over 75 aumenta da 563,74 a 599,82 euro, in pratica 600 euro. L’Inps avvertirà con un prossimo messaggio il concreto pagamento del bonus in banca o alla posta, si presume sulla rata di maggio, con l’aggiunta degli arretrati dallo scorso gennaio o dalla decorrenza della pensione se successiva. La legge non fa riferimenti alla situazione dei pensionati del Fondo quali potenziali beneficiari, né si esprime l’Inps nella circolare n. 35 del 3 aprile scorso dedicata al nuovo beneficio. La legge dispone che «l’incremento… è riconosciuto qualora il trattamento pensionistico mensile sia complessivamente pari o inferiore all’importo mensile del trattamento minimo Inps» (art 1 comma 310). Dalla norma si deduce che hanno diritto al bonus i pensionati del Fondo che hanno raggiunto il diritto unicamente all’assegno mensile avendo versato 20 anni di contributi (requisito minimo per il Fondo) e che non hanno proseguito con ulteriori versamenti né obbligatori né volontari. Tuttavia entrano in gioco le cosiddette “maggiorazioni” del Fondo per chi ha fatto altri versamenti oltre il minimo. La legge prevede quindi un incremento anche per gli over 75 che, dopo il minimo, hanno altri contributi ma per non più di 6 anni perché, a calcoli fatti, le 6 maggiorazioni spettanti rientrano nell’importo incrementato di 600 euro mensili. Altrettanto vale per chi non ha 75 anni, ma per costoro il gioco delle maggiorazioni si ferma alla soglia di 21 anni di contributi senza ulteriori versamenti. Particolari incertezze sul bonus nascono poi dalla trattenuta di un terzo in vigore per molte pensioni nel Fondo Clero, che riduce il trattamento mensile ben al di sotto del trattamento Inps generale.
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