Invisibile, ignorato, dimenticato. Chi vorrebbe e fa di tutto per esserlo. Chi impazzisce al solo pensiero. Chi lo è per scelta, chi per sciagura, chi per ineluttabile destino. Come Barry Sussman, il capocronista del “Washington Post” che assegnò a due giovani giornalisti, Woodward e Bernstein, quello che sarebbe passato alla storia come il Watergate. Nel film “Tutti gli uomini del presidente” non c'è, semplicemente perché c'erano già troppi protagonisti e avrebbe complicato la trama. L'invisibile è morto a 86 anni. Sul “Corriere” (11/6) lo ricordano Matteo Persivale, in una pagina intera, e Carlo Baroni in un commento in cui celebra «l'altra faccia del giornalismo», il capo che non firma ma fa firmare, il perno del «gioco di squadra» in cui a emergere è la firma, il fuoriclasse, ma solo perché alle spalle ha un regista. A volte sei invisibile pur essendo convinto del contrario. Pietro Castellitto, intervistato da Roberta Scorranese sul “Corriere” (12/6), è un “figlio” che riconduce alla realtà i “padri”: «Non vi guardiamo proprio. Voi pensate che vi odiamo, ma manco per sogno. Non vi odiamo. E non so se questo sia un bene». Anche una maschera può rendere l'altro invisibile, perché senza volto, quindi meno persona. In prossimità dell'esame di maturità, pedagogisti ed educatori scrivono una lettera alla “Repubblica” (12/6): «Non funziona la scuola dove non ci si può guardare in faccia». Altre scomparse farebbero decisamente male: a Genova (“Giornale”, 11/6) rischia la chiusura la Sala Sivori, il cinema più antico d'Italia. In una lettera al ministro Franceschini il “presidente dei cinema genovesi” Alessandro Giacobbe ricorda che la Sala Sivori «nel 1896 proiettò le prime immagini in movimento dei fratelli Lumière e da allora è rimasta fedele alla sua missione di divulgazione della settima arte». Salviamo la Sala Sivori!