Qualche giorno fa, su queste pagine, Tiziana Lupi parlava del documentario come di un prodotto sempre più gradito al pubblico televisivo. In effetti, si tratta di un genere mai tramontato, sopravvissuto per un certo periodo in territori limitati, in ambienti di nicchia chiamati canali tematici, ora riscoperto in pieno, soprattutto nella versione del docufilm, che non è la stessa cosa del documentario anche se parte dal medesimo intento di documentare la realtà. Comunque sia, tra chi in questi giorni punta molto sul genere, utilizzando entrambe le versioni, c’è senz’altro TV2000, che sta proponendo documentari a tema sociale e umanitario (il venerdì in seconda serata) e documentari e docufilm a tema religioso (il lunedì in prima e seconda serata). Del primo gruppo abbiamo visto Il pittore della tenda di Renato Lisanti, mentre dopodomani vedremo l’ottimo lavoro di Gianni Vukaj e Beatrice Bernacchi L’estate più bella. Del secondo gruppo, lunedì alle 22.45, abbiamo seguito con interesse un bell’esempio di docufilm: I giorni dei barbari – Vojtaššák, di Alberto Di Giglio e Luigi Boneschi, dedicato a un vescovo martire non molto conosciuto in Italia, lo slovacco Ján Vojtaššák(1877–1965), condannato a 24 anni di carcere e torturato dal regime comunista della ex Cecoslovacchia per presunto spionaggio a favore del Vaticano. Morì vicino Praga, esiliato e privato della possibilità di ogni contatto con la sua diocesi di Spišská Kapitula e il paese d’origine. Più film che documentario, I giorni dei barbari è un mix tra fiction, repertorio inedito, testimonianze e reportage: pellicola di fiction per la ricostruzione della storia tramite l’interpretazione di attori; documentario storico per le immagini inedite dei processi contro i religiosi cattolici, per la testimonianza del cardinal Tomko e di altri che raccontano una pagina oscura del secondo Novecento; reportage perché accompagna i telespettatori in alcuni dei luoghi significativi di una nazione che la maggioranza degli italiani ignora, la Slovacchia. Di stampo prettamente cinematografico il commento musicale, l’uso di simboli e di sequenze come quella della consacrazione eucaristica clandestina in carcere con acini d’uva e briciole di pane.